Parrocchia di S. Stefano
Casalmaggiore
42
Famiglia
Soggetto Sociale
Per una politica
con la famiglia
al centro
15 maggio 2004
Giornata Internazionale della Famiglia
Parrocchia di S. Stefano
Casalmaggiore
42
In occasione della prossima tornata elettorale, come Associazione
Famiglie Santo Stefano Protomartire, abbiamo ritenuto opportuno rendere pubblico
il risultato delle riflessioni maturate all'interno della nostra Associazione.
Il documento che ne è scaturito in alcuni punti travalica la portata
locale. Abbiamo pensato di proporlo ugualmente nella sua interezza perché
riteniamo possa essere utilizzato sia da famiglie che vogliano " prendere
coscienza " del loro essere " soggetto sociale ", sia dai rappresentanti
della politica locale affinché, ci auguriamo, possano ri-progettare
Casalmaggiore a partire dalla famiglia ed insieme ad essa.
Il punto di partenza vuole essere la famiglia, in quanto la famiglia è
la prima e fondamentale forma delle comunità naturali.
La natura umana è fatta per "essere dono" e questa verità
della persona regge e fonda l'amore coniugale e le relazioni famigliari.
La famiglia è la realtà umana attraverso cui la persona entra
nella vita; è il contesto in cui l'essere umano viene educato e apprende
il senso dell'esistenza come dono e responsabilità, è la via,
che attraverso il matrimonio, la maggior parte degli uomini e delle donne
intraprendono per realizzare a loro volta un progetto di amore e felicità.
Il peculiare rapporto che lega ogni esistenza umana alla famiglia spiega perché
non sia possibile pensare e costruire un progetto di convivenza sociale a
prescindere da essa.
La famiglia dunque è società originaria, è anteriore
rispetto allo Stato, è autonoma. La famiglia è prima dello Stato
quanto alla nascita delle persone, quanto alla sua importanza in vista della
socializzazione e della personalizzazione, quanto al soddisfacimento dei bisogni
primari dell'uomo. Ecco perché è la famiglia che legittima lo
Stato, gli conferisce titolarità e non viceversa.
Ogni forma di organizzazione sociale che miri a garantire il bene comune delle
persone non può prescindere dal riconoscimento dei diritti primari
e inalienabili della famiglia.
Con ciò non si vuol affermare che le famiglie sono società perfette,
totalmente indipendenti dalle altre, ma indicare che esse sono soggetti aventi
il diritto all'autorganizzazione e all'autodeterminazione.
Lo Stato ha il dovere di tutelarle, promuoverle nella loro indipendenza, nella
libertà di iniziativa e nell'autorganizzazione. Non deve assorbirle
o sostituirsi ad esse, destituendole dalle loro funzioni, dalla loro soggettività
sociale, deresponsabilizzandole e assistenziandole; deve, invece, aiutarle
ad accrescere la capacità di autosufficienza e di iniziativa sociale,
supplirle in caso di deficienze temporanee, integrarle e sostenerle perché
possano rispondere alla loro vocazione integrale (si leggano gli art. 2 e
3 della Costituzione italiana).
Mentre deve riconoscere loro il diritto anteriore e inalienabile di educare
la prole, offrire gli strumenti necessari attraverso cui attuare il diritto
di scelta della scuola (art. 30 e 31 della ns. Costituzione), lo Stato ha
anche il dovere di garantire un sistema di assistenza, previdenza e sicurezza
sociale di tipo integrato. Ossia un sistema ove la soggettività della
società civile, delle famiglie, dei vari corpi intermedi è valorizzata
a seconda delle circostanze storiche e dei reali bisogni.
In un sistema di tipo integrato, che vede cioè la compartecipazione
dello Stato e della società civile nel determinarlo, alla famiglia
vengono meglio riconosciute, con l'autonomia d'esistenza e di iniziativa,
anche la sua funzione pubblica. Grazie ad esso, le politiche di sicurezza
sociale appaiono, più visibilmente, politiche secondo cui gli utenti,
sia singoli che associati, non sono solo soggetti passivi ma anche partecipi
e attivi nella rilevazione e nella soluzione dei problemi familiari e sociali,
secondo una logica di autopromozione e di autotutela.
I primi responsabili della protezione sociale sono le persone, le famiglie
e la società civile.
Da qui la nostra convinzione che la famiglia può e deve essere criterio
di misura di tutta l'azione politica.
Al bene della famiglia sono correlate tutte le dimensioni della vita umana:
Ø la cura e la salute dell'ambiente;
Ø i piani regolatori delle città, che devono offrire condizioni
abitative, servizi e spazi verdi a misura della famiglia;
Ø il sistema scolastico, che deve garantire una pluralità di
interventi, di iniziativa sia statale che di altri soggetti sociali, a partire
dal diritto/dovere di scelta dei genitori;
Ø la revisione dei processi lavorativi e dei criteri fiscali, che non
possono essere basati solo sulla considerazione dei singoli soggetti, trascurando
o peggio ancora penalizzando il nucleo famigliare;
Ø la cura dei propri cari quando raggiungono l'anzianità o sono
colpiti nella salute.
Il passaggio dal modello patriarcale a quello nucleare, accompagnato dalla
evoluzione di diversi fattori ( rapida riduzione dei componenti di ciascun
nucleo, permanenza prolungata dei figli in famiglia, innalzamento dell'età
media dei contraenti il matrimonio), unito ad una preoccupante disgregazione
dei nuclei famigliari segnalata dalle separazioni e dai divorzi, dal diffondersi
delle unioni di fatto e anche delle unioni delle persone dello stesso sesso,
vengono portati da alcuni filoni di pensiero a suffragare l'idea di un'inesorabile
decadimento della famiglia e soprattutto come il superamento della rilevanza
sociale dell'istituto del matrimonio.
Occorre ribadire invece che il matrimonio non è un retaggio del passato
o una anacronistica sovrastruttura dell'amore umano. Oltre ad essere un istituto
pensato fin dal principio dal Creatore per il bene dell'umanità, il
patto coniugale rappresenta una modalità di rapporto pienamente aderente
alle esigenze dell'amore umano. Il cammino affettivo della coppia assume con
l'unione matrimoniale una forma di vita pubblica e stabile, con l'impegno
alla fedeltà e alla piena dedizione reciproca, con la responsabilità
verso i figli e con il diritto/dovere di contribuire alla vita sociale. Per
questi motivi deve essere considerato come un punto qualificante e non come
un limite il dettato costituzionale con il quale la Repubblica italiana "riconosce
i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio"
(art. 29 della ns. Costituzione).
I reiterati tentativi di equiparare altre forme di convivenza alla famiglia
fondata sul matrimonio non segnano certo un progresso nella civiltà
di una nazione. Denotano piuttosto una pericolosa confusione circa le condizioni
per la titolarità dei diritti. Alcune garanzie legate ai diritti individuali,
anche in ordine a situazioni di cura e di responsabilità verso altre
persone, devono trovare soluzione al di fuori dell'ordinamento matrimoniale
che deve essere salvaguardato nella sua specificità. Dietro varie iniziative
finalizzate ad equiparare altre forme di convivenza all'istituto del matrimonio
si nasconde in realtà l'intento di relativizzare l'istituto matrimoniale
e di porre come criterio di riferimento i soli diritti individuali, con il
risultato di scardinare il fondamento stesso della compagine sociale.
Forti continuano ad essere le pressioni di una "cultura pubblica"
ampiamente veicolata dai media, che presenta come nuovi modelli di famiglia
le più varie forme di convivenza.
Nella famiglia fondata sul matrimonio si dà un di più di stabilità
e di dichiarata obbligazione sociale che va giuridicamente riconosciuta e
tutelata. Come ha notato il costituzionalista Emanuele Rossi, una volta fissata
una nitida, inequivoca linea di demarcazione tra ciò che è famiglia
e ciò che non lo è, secondo il chiaro paradigma costituzionale,
"sul piano delle garanzie da riconoscere alle 'non famiglie', la soluzione
non può che essere di tipo pragmatico, valutando di fronte alle diverse
misure (l'alloggio, l'assistenza, la possibilità di succedere nel patrimonio,
e così via) le ipotesi in cui far prevalere le ragioni della differenza
e quelle in cui dare preminenza alle ragioni dell'analogia (non tra diversi
modelli di famiglia, ma tra famiglia e altre forme di convivenza)".
Al vertice delle nostre preoccupazioni deve stare non già il proposito
di penalizzare le unioni di fatto, ma piuttosto di sostenere positivamente
e di promuovere le famiglie in senso proprio.
Il matrimonio e la famiglia sono il cuore stesso di ogni civiltà; lì
è custodito il nucleo intimo ed inalienabile di una cultura e di una
tradizione che sono alla base della nostra identità collettiva.
Il riconoscimento di questo patrimonio di valori ci permetterebbe di confrontarci
apertamente con la pluralità delle culture e dei modelli familiari
oggi presenti.
Solo l'esercizio del discernimento dentro la società multiculturale
che sarà sempre più la nostra, può metterci al riparo,
per un verso, dal relativismo-sincretismo e per l'altro, dalle derive dello
Stato etico.
Nel primo caso si favorirebbe l'emergere di un individuo decontestualizzato,
sradicato da ogni patrimonio culturale e dunque in balia dei più diversi
modelli di convivenza, tutti posti indifferentemente sullo stesso piano. Nell'altro
caso avremmo di fronte comunità "blindate", inclini ad assolutizzare,
sino alla pretesa di imporli agli altri, i propri modelli di convivenza. L'illuminismo
e il cristianesimo, che innervano la nostra civiltà, pur essendo entrati
storicamente in contrasto, col tempo hanno prodotto una sintesi preziosa che
fa perno sulla dignità della persona umana e sul carattere inalienabile
dei suoi diritti fondamentali, quelli confluiti nella Dichiarazione Universale
dei Diritti dell'Uomo del 1948.
Quanto detto fino ad ora è alla base delle proposte che seguono e che
permettono di passare da una impostazione di tipo assistenziale e di intervento
sulla patologia ad una politica di prevenzione e promozione orientata alla
famiglia normale.
L'Ente pubblico deve farsi carico del compito propositivo di stimolo e di
promozione culturale nei confronti della famiglia per farle riscoprire il
proprio fondamentale ruolo educativo e di soggetto sociale, per trasformarla
da semplice fruitrice passiva a protagonista attiva nella vita della città.
In altre parole occorre declinare correttamente il principio di sussidiarietà.
Riferirsi al principio di sussidiarietà significa che occorre ripartire
dalla soggettività, dal protagonismo della famiglia. Quindi non interventi
assistenziali, ma interventi che garantiscano questa "sequenza":
Ø riconoscere
Ø sostenere
Ø promuovere/favorire
Ø aiutare concretamente senza sostituirsi ad essa in nome dell'aiuto
dato
Occorre cioè riconoscere la famiglia come soggetto competente
a:
a. valutare, farsi carico e dare delle risposte,
b. saper mettere in gioco le proprie risorse e gestire quelle rese disponibili
da altri soggetti, attivandole o da riattivare,
c. essere partner degli interventi e non destinatario passivo.
Un'altra peculiarità delle relazioni familiari esportabile
positivamente nel tessuto sociale è la solidarietà.
Riferirsi al principio di solidarietà significa riproporre la necessità
di garantire anche quelle situazioni che non riescono a farsi risorsa a se
stesse, che non sono in grado di far fronte alle sfide, ai bisogni, ai deficit
eventualmente insorgenti. E' cioè necessario, secondo il principio
di solidarietà, che la collettività si faccia carico dei propri
membri più deboli, senza tuttavia rinunciare al loro protagonismo,
pena l'attivazione di politiche solo assistenziali, che vedono le persone
o le famiglie in difficoltà solo come destinatari passivi (assistenzialismo).
Questa accezione di solidarietà deve tuttavia essere strettamente collegata
al principio di sussidiarietà; solo da tale connessione emerge un "principio
di responsabilità diffusa" rispetto al bene comune, che chiama
in causa tutti, sia gli individui (attivati dalla sussidiarietà), sia
la collettività (attivata dalla solidarietà).
L'associazionismo familiare
Il protagonismo delle famiglie non si esaurisce nella capacità della
singola famiglia di attivarsi in risposta ai propri bisogni o a quelli di
altre persone in stato di bisogno (come ad esempio nelle esperienze di affido
eterofamiliare), ma si esplica anche nella capacità di associarsi per
diventare soggetto collettivo, capace di realizzare servizi, svolgere attività
di sensibilizzazione, formazione, auto-aiuto, pressione e partecipazione politica.
In questo senso diventa decisivo il ruolo delle associazioni familiari, di
quella parte originale del mondo associativo e del terzo settore che si mobilita
non solo per motivazioni e azioni individuali, ma che trova nella famiglia
origine e/o destinatario della propria azione.
Una politica a livello locale per le famiglie dovrà quindi necessariamente
prevedere spazi di consultazione, di ascolto e di sostegno per l'associazionismo
familiare.
LE AZIONI CONCRETE
Le amministrazioni locali possono attivare iniziative di politica
familiare di varia natura; si possono qui individuare i seguenti "ambiti
di interesse":
1. Politiche tariffarie
2. Politiche abitative e urbanistiche
3. Tempi sociali e tempi per la famiglia
4. Sostegno alla genitorialità
5. Servizi di cura
6. Auto-aiuto, aiuto tra famiglie, associazionismo
Per ciascun ambito si propone una esemplificazione (non esaustiva) di possibili
azioni operative.
1. Politiche tariffarie
Indice d'equità familiare, che permetta di ripartire i carichi impositivi
e tariffari fra le famiglie, non solo in senso verticale (per classi di reddito),
ma anche in senso orizzontale (tra nuclei familiari più "pesanti"
e altri meno gravosi dal punto di vista della struttura dei bisogni). Uno
strumento, quindi, che non serva soltanto per fare "sconti" alle
famiglie più povere (come fa l'ISE), ma per stabilire delle quote contributive
eque per e fra tutte le famiglie;
agevolazioni fiscali e tariffarie e riduzioni dell'aliquota ICI per la prima
casa, rivolte alle famiglie con specifiche responsabilità di cura,
e comunque parametrati sui carichi familiari (vedi punto precedente);
nei servizi scolastici (nido, mensa, servizi di trasporto), si preveda lo
sconto per le pluri-utenze;
per il pagamento delle tasse sui rifiuti, gas ed acqua, si creino tariffe
ad hoc per le famiglie, o quanto meno si applichino le tariffe relative alle
"comunità" per i nuclei con più di cinque componenti.
2. Politiche abitative e urbanistiche
Prevedere agevolazioni, in materia d'oneri d'urbanizzazione e di costo delle
aree, per chi costruisce riservando una quota d'alloggi da destinare alla
locazione o alla vendita a favore di giovani coppie;
destinazione di un capitolo di spesa specifico dei bilanci comunali per l'erogazione
di buoni casa o di contributi in conto interessi alle giovani coppie unite
in matrimonio che intendano acquistare la prima casa;
intervenire sul patrimonio abitativo non utilizzato (abitazioni sfitte), con
censimento e interventi che, pur nel legittimo interesse dei proprietari,
consentano di sfruttare al meglio il patrimonio immobiliare privato e pubblico
del territorio comunale;
progetti relativi alla qualità ed alla sicurezza dell'abitare urbano,
in relazione alla possibilità, da parte di bambini, giovani e anziani,
di avere spazi per l'incontro e il gioco, senza incorrere in gravi rischi
in ordine alla loro sicurezza o ad altri rischi;
individuare aree edificabili per sperimentare progetti di "comprensori-famiglia",
elaborati da cooperative familiari, in cui vengano predisposte abitazioni
che tengano conto degli spazi necessari ad una famiglia che cresce, o ad una
famiglia allargata, che si prenda cura dei genitori o parenti anziani.
3. Tempi sociali e tempi per la famiglia
La questione dei tempi si articola su due direttrici:
· organizzazione/compatibilità dei tempi di famiglia, lavoro,
servizi (cfr. seconda parte legge 53/2000 per la promozione della maternità);
· gestione del tempo libero (per la famiglia e dentro la famiglia nei
suoi compiti educativi).
4. Sostegno alla genitorialità
Fondo comunale per l'erogazione di un contributo economico in caso di parto,
alle donne che non usufruiscano dei trattamenti di maternità a norma
delle leggi nazionali, ed il cui reddito non superi un certo tetto;
interventi economici di supporto per le ragazze madri, d'età inferiore
ai 21 o ai 23 anni che, avendo deciso di abortire a causa di gravi motivi
economici, accettino invece di proseguire la gravidanza;
prestiti sull'onore concessi dai comuni per sostenere le responsabilità
individuali e familiari e agevolare l'autonomia di nuclei monoparentali, di
coppie giovani con figli, di gestanti in difficoltà;
agevolazione di forme associative familiari che gestiscano in proprio servizi
di baby-sitting, con personale volontario od a tempo parziale ("servizi
dalle famiglie alle famiglie") o anche con personale professionale ("educatrici
familiari"), che stipulino contratti con gruppi di famiglie interessate,
agevolati dall'Ente locale;
avviamento dei servizi cosiddetti della "madre di giorno", che consentano
di affidare bambini, da uno a cinque anni, ad un'altra madre, opportunamente
formata, cui il Comune dia un assegno;
favorire la costituzione di nidi familiari, condominiali o aziendali, o di
servizi integrativi per la prima infanzia ed il doposcuola, gestiti dagli
stessi genitori, che si organizzino in forma cooperativa.
Promuovere una politica efficace di prevenzione dell'aborto, con un programma
operativo che spazi dalla ricerca delle motivazioni locali all'interruzione
della gravidanza fino alla predisposizione di concreti percorsi preventivi
e che prevedano l'utilizzo sinergico di tutte le forze in campo, come previsto
dalla legge 194/78, promuovendo iniziative che permettano alle mamme intenzionate
ad interrompere la gravidanza di portarla a termine con la possibilità
che il figlio, qualora non desiderato anche al momento della nascita, possa
essere posto in adozione;
prevedere forme di sostegno economico per le gravidanze a rischio, rapportato
alle maggiori spese da sostenersi per i ticket sanitari tenendo conto del
reddito familiare;
rendere disponibili strutture residenziali destinate all'accoglienza temporanea
di madri in difficoltà, anche mediante convenzioni con forme associative
del settore o famiglie disposte a dare accoglienza;
garantire l'assistenza domiciliare a favore delle gestanti o madri che per
motivi di salute o di pesante carico familiare hanno difficoltà nell'assolvere
agli impegni connessi alla vita quotidiana.
5. Servizi di cura
Interventi di sostegno di carattere economico per le famiglie che assumano
compiti di cura di disabili e di altre persone in difficoltà;
contributo economico a quelle famiglie che volontariamente preferiscano tenere
in casa la persona bisognosa d'assistenza;
finanziamento o convenzioni con iniziative di assistenza temporanea, o realizzazione
di "servizi di sollievo", che non sradichino il soggetto debole
dalla famiglia, ma allo stesso tempo consentano alla stessa che se ne prenda
cura, di aver momenti di riposo e periodi di "alleggerimento".
6. Auto-aiuto, sostegno alle famiglie e tra famiglie, associazionismo
Servizi formativi ed informativi di sostegno alla genitorialità, anche
attraverso la promozione del mutuo aiuto tra le famiglie;
supporto (diretto e/o co-gestito) alla formazione e alla "vita quotidiana"
della famiglia, attraverso strumenti formativi, centri di sostegno alle responsabilità
genitoriali (centri per/con famiglie, percorsi formativi, strumenti di accompagnamento);
servizi per l'affido familiare al fine di sostenere con qualificati interventi
formativi i compiti educativi delle famiglie interessate; in particolare attivare,
in collaborazione con le associazioni presenti nel settore, "progetti
comunali affidi", come alternativa al ricovero dei minori in istituto,
stimolando ed agevolando l'offerta di disponibilità da parte delle
famiglie che vogliano accogliere minori i cui genitori siano temporaneamente
in gravi difficoltà;
riconoscimento del ruolo attivo delle famiglie nella formazione di proposte
e progetti per l'offerta dei servizi e per la valutazione della loro efficacia;
in particolare istituire spazi di regolare e rilevante consultazione, ascolto,
co-progettazione con l'associazionismo familiare;
nelle normative che stanziano fondi per l'imprenditoria sociale, prevedere
clausole di salvaguardia di una certa percentuale dei fondi stanziati, per
i progetti presentati dalle "associazioni di solidarietà familiare",
regolarmente iscritte nei registri regionali;
favorire la costituzione di "associazioni informali" di genitori,
cui pure il "Regolamento in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche"
fa riferimento, che promuovano così il passaggio dalla partecipazione
alla cooperazione delle famiglie nell'ambito scuola ("utenti competenti",
che acquisiscano effettivo potere nella determinazione di specifici contenuti
ed attività).
Azioni possibili a livello locale:
Responsabilità educative/ formative La promozione del
benessere/sviluppo Lotta all'emarginazione
Amministrazioni locali * opportunità aggregative per i giovani * sostegno
ad iniziative di comunicazione scuola-lavoro e scuola-famiglia * politiche
sociali per le fami-glie numerose e/o in difficoltà * politiche della
casa* migliore accesso alle prestazioni sociali* progettare strategie di sviluppo
* sostegno all'integrazione sociale * monitoraggio sulle aree di bisogno presenti
Operatori economiciForze sindacali * formazione neo-assunti * formazione ricorrente*
apertura al mondo della scuola (collaborazione) * rilancio della creatività
imprenditoriale * flessibilizzazione della organizzazione del lavoro e dei
tempi* ruolo promozionale delle associazioni di categoria* azioni sindacali
mirate alla famiglia * azioni promozionali dell'occupazione giovanile * scelte
di solidarietà a fronte di crisi economiche* pari opportunità
professionali
Sistema formativo * qualità dell'offerta * integrazione scuola- famiglia
* apertura/collaborazione con il mondo del lavoro * obiettivo esplicito di
svolgere un ruolo di integrazione sociale * progettualità creativa
di azioni di prevenzione rispetto alle nuove opportunità legislative
servizi socio-sanitari * approccio ai problemi/ prestazioni di tipo familiare-
sistemico * attività di prevenzione * azioni su aree-problema di natura
tipicamente familiare: educazione sessuale, tutela della maternità
* presa in carico dei bisogni socio-sanitari a base familiare
Chiesa locale * educazione ragazzi/ adolescenti * preparazione delle giovani
coppie * sensibilità al ruolo sociale delle famiglie * accoglienza
delle realtà di emarginazione e risposte emancipatorie
Associazionismo/ volontariato * sostegno alla collaborazione tra famiglie
* promozione dell'associazionismo a base familiare (anche di tutela dei diritti
delle famiglie) *accoglienza/compagnia di nuclei familiari in difficoltà
* logica di intervento e di presa in carico delle persone con una prospettiva
familiare
Famiglie * Modelli educativo-relazionali orientati alla socialità e
alla reciprocità * Famiglia come risorsa di imprenditorialità
* Famiglia come luogo di diritti di cittadinanza da esigere e di doveri sociali
da assolvere * Apertura della solidarietà familiare all'esterno * Tutela
delle relazioni di reciprocità (aiuto, af-fetto, legami) dei rap-porti
intergenerazionali