Parrocchia di Santo Stefano
Casalmaggiore 2003
39
Lo scorso giovedì 11 dicembre il Senato ha approvato con una larga
maggioranza la normativa sulla procreazione assistita. Manca solo un passaggio
tecnico alla Camera per ratificare l'aggiornamento dei tempi per l'erogazione
dei finanziamenti decisi a Palazzo Madama e, dopo, il provvedimento diventerà
legge della Repubblica. Hanno votato a favore 169 senatori contro 92, 5 si sono
astenuti. I consensi sono venuti dalla CdL, dall'Udeur, da buona parte della
Margherita, dal gruppo delle Autonomie. Si sono espressi contro: Ds, Sdi, Verdi,
Pdci, Prc, Pri e una minoranza della Margherita. Si è parlato, da parte
degli sfavorevoli, di una legge immorale, di un colpo mortale alla laicità
dello Stato, di una ferita al mondo scientifico e medico, di norme vessatorie,
lontane dai nuovi modelli di vita. Da parte dei favorevoli, pareri ovviamente
opposti.
Il provvedimento approvato al Senato conclude un iter iniziato negli anni '60.
Il dibattito attorno al tema della procreazione assistita si fece rovente soprattutto
nella passata legislatura, quando venne discusso alla Camera il cosiddetto "progetto
Bolognesi" (dal nome della relatrice). Tale progetto, estremamente permissivo,
fu capovolto e bocciato grazie soprattutto all'azione del Movimento per la Vita
e del Forum delle Associazioni Familiari: i quali hanno dato un contributo decisivo
al dibattito, fornendo negli ultimi anni alle stesse Commissioni parlamentari
numerosi contributi di alto valore scientifico e culturale su tali tematiche.
Al presidente del Movimento per la Vita (on. Carlo Casini) e alla presidente
del Forum delle Associazioni Familiari (Luisa Santolini) va il nostro convinto
"grazie" per il lavoro svolto dentro e fuori le Aule parlamentari.
L'argomento, infatti, è di quelli che sono destinati ad incidere maggiormente
sul costume e sulla mentalità delle future generazioni. Abbiamo tutti
sotto gli occhi le tragiche conseguenze prodotte dalle leggi sul divorzio e
sull'aborto. Tali leggi non si sono certo limitate ad "aggiustare"
i casi disperati o ad arginarne in qualche modo le esondazioni più negative,
come recitava la propaganda allora in voga, bensì hanno creato, insieme
alla attuale situazione da Far West in materia di procreazione, una cultura
e un costume devastanti: il patto coniugale è ritenuto meno
vincolante di un contratto finanziario; la famiglia fondata sul matrimonio è
equiparata alle libere convivenze e si vuole che sia riconosciuta come tale
anche tra persone dello stesso sesso; l'embrione viene degradato ad oggetto
manipolabile a piacimento dalla madre oppure consegnato a tutte le sperimentazioni
possibili, e dunque a tutte le mercificazioni; il desiderio personale o della
coppia rischia di diventare il criterio assoluto di tutte le scelte, anche in
ordine al concepimento e in ordine ai diritti fondamentali del concepito; alla
scienza e alla tecnica viene attribuito un diritto di padronanza e di supremazia
che da una parte rivela il delirio di onnipotenza dell'uomo contemporaneo, dall'altra
si ritorce contro l'uomo stesso, ridotto ad essere sempre più in balia
di forze estranee alla sua intelligenza, libertà e responsabilità;
ciò che è tecnicamente possibile diventa automaticamente giustificabile
e giustificato sul piano etico; la preoccupazione ecologica - vanto dell'attuale
stagione culturale - vale solo nella zoologia e nella botanica, ma viene di
fatto abbandonata quando si tratta del regno umano, inchinandosi all'onnipotenza
del tecnicismo; il liberismo e il neoliberismo - denunciati e criticati come
darwiniani nel campo dell'economia e della finanza - diventano il criterio principale,
se non esclusivo, nelle scelte della procreazione, avallando di fatto atteggiamenti
e comportamenti selettivi che non sono lontani dall'eugenetica e ci riportano
non in avanti, ma all'indietro, alla politica razzista dell'antica Sparta e
della Berlino degli anni hitleriani.
L'articolato approvato al Senato rappresenta - diciamolo con franchezza: finalmente!
- un'inversione di tendenza: non solo perché ottempera ad una risoluzione
del Parlamento Europeo, ma perché comincia a porre qualche chiaro orientamento
in una materia che, se lasciata senz'argini, avrebbe ancora una volta portato
acqua al mulino della cultura radicale e libertaria, anticamera e insieme espressione
del relativismo e del nichilismo del nostro tempo.
Un'ultima osservazione. Il provvedimento legislativo non traduce in legge dello
Stato la morale cattolica, come si è accusato da più parti. Infatti
la visione cattolica del matrimonio e della procreazione non consente, per ovvi
motivi, le coppie di fatto, e non accetta alcuna tecnica procreativa - compresa
la fecondazione omologa - che venga ad inquinare e soprattutto ad interrompere
quella profonda connessione tra i due significati, quello unitivo e quello procreativo,
connessione che costituisce il senso pieno dell'atto coniugale e che la dottrina
cattolica ritiene fondata sulla natura stessa del matrimonio e quindi appartenente
all'atto creatore di Dio. Solo l'inseminazione artificiale omologa all'interno
del matrimonio è ammessa, ma soltanto nel caso in cui essa risultasse
non sostitutiva dell'atto coniugale, bensì come una facilitazione per
il raggiungimento del suo scopo naturale. A parte il fatto che i cittadini cattolici
hanno tutto il diritto - e anche tutto il dovere - di proporre a tutti, attraverso
gli strumenti della democrazia, la propria visione della vita, da loro ritenuta
carica di dignità e di significato. Del resto, nessuno ha gridato mai
all'"ingerenza vaticana", quando il Papa ha chiesto ripetutamente
la pace nei Balcani, o in Medio Oriente, o in altre parti del mondo, oppure
quando il Papa ha chiesto un "segno di clemenza" verso i carcerati,
nel suo discorso al Parlamento italiano del 14 novembre 2002. Certe critiche,
come certi applausi al Papa, appaiono dunque del tutto strumentali ai propri
interessi di parte.
In questo fascicolo abbiamo raccolto: una riflessione di alcuni parrocchiani
sul provvedimento legislativo del Senato; e una serie di editoriali, apparsi
sui quotidiani italiani, che hanno positivamente commentato tale provvedimento,
portandone le ragioni non solo religiose ma anche laiche.
Don Alberto Franzini
Casalmaggiore, 11 gennaio 2004
Festa del Battesimo del Signore
CIRCA LA LEGGE SULLA PROCREAZIONE ASSISTITA
Il custode dell'ortodossia cattolica parla del suo ultimo libro "Fede,
Verità, tolleranza": un confronto tra la Chiesa di Roma e le altre
religioni
In riferimento al disegno di legge sulla procreazione medicalmente assistita,
discussa recentemente presso il Parlamento italiano, desideriamo comunicare
pubblicamente alcune nostre riflessioni e stimolare un libero confronto riguardo
a tale tematica.
I pilastri fondamentali del disegno di legge sono i seguenti:
- viene tutelato l'embrione umano su cui è proibita qualsiasi tipo di
sperimentazione (tranne nel caso in cui si perseguano finalità esclusivamente
terapeutiche volte alla tutela della salute dell'embrione stesso), di riduzione
embrionaria in caso di gravidanze plurime, di selezione a scopo eugenetico ivi
compresi i gameti, di clonazione, di soppressione e di crioconservazione (tranne
in casi particolari); di conseguenza, l'individuo nato con le tecniche di fecondazione
assistita acquisisce il medesimo status giuridico dei figli legittimi;
- è consentito solamente il ricorso a tecniche di fecondazione di tipo
omologo, mentre vengono vietate quelle di tipo eterologo, cioè con gameti
non appartenenti ai genitori;
- viene proibito l'anonimato della madre e anche nel caso di ricorso a fecondazione
eterologa (in violazione della legge) è vietato il disconoscimento della
paternità;
- tali tecniche devono essere applicate con gradualità secondo il principio
della minore invasività; in sostanza medici e scienziati dovranno conciliare
l'efficacia del trattamento con il rispetto di tutte le parti in causa, tenendo
sempre presente che la nuova vita umana (l'embrione) è soggetto di diritti
e non è una cavia da laboratorio sulla quale effettuare manipolazioni
(ciò è anche principio di civiltà, e non solo un principio
di fede religiosa);
- la stessa attenzione deve essere posta nei confronti della coppia: il medico
deve informare, in maniera dettagliata, sui metodi, sui problemi bioetici, sui
possibili effetti collaterali sanitari e psicologici, sulle probabilità
di successo e sui rischi derivanti;
- vengono tutelate e riconosciute le coppie composte da maggiorenni e di sesso
diverso (vengono escluse le singole persone e le coppie composte da persone
del medesimo sesso), che secondo natura non possono avere figli (per sterilità
o infertilità) ma che aspirano alla genitorialità, ed alla facoltà
di poter ricorrere alla procreazione assistita come possibilità e come
probabilità, per avere figli da amare e tutelare e non da possedere:
in sostanza la libertà e il desiderio di filiazione non devono contraddire
il principio di "casualità" della natura umana;
- la possibilità di procreazione assistita viene consentita nell'ambito
di una esperienza di coppia stabile, indipendentemente che sia coniugata o convivente,
in età potenzialmente fertile: in sostanza la libertà e il desiderio
di filiazione devono fare i conti con la responsabilità nel chiamare
alla vita una nuova creatura umana e, quindi, non devono contraddire la dimensione
sociale e relazionale della vita stessa;
- si offre contemporaneamente sia la garanzia del diritto alla salute della
famiglia, salute riferita al concetto di vita come diritto e non come oggetto
di laboratorio, sia la garanzia dell'identità genetica dell'embrione.
Valutando globalmente il dettato del disegno di legge, l'aspetto prioritario
che ci sembra di fondamentale importanza è la concezione del figlio,
il quale non viene considerato come una cosa da possedere, nemmeno come un diritto
da invocare per se stessi, ma come un dono che è frutto della relazione
di amore di una coppia di sesso diverso: i diritti possessivi riguardano infatti
solo le cose, le persone non si possono avere; la persona va amata e accolta
e, quindi, il bambino, fin dal concepimento, viene tutelato in quanto persona
umana a tutti gli effetti.
In seconda istanza, il valore del disegno di legge consiste nel salvaguardare
i diritti di tutti i soggetti coinvolti nella vicenda della procreazione assistita,
in linea con le raccomandazioni del Parlamento Europeo del 1989: dall'identità
dell'embrione al desiderio e alla possibilità dei genitori di avere figli
nel rispetto della vita altrui, all'efficienza degli addetti alla tecnica della
fecondazione assistita nel rispetto della dignità dell'essere umano.
Il suddetto valore del disegno di legge poggia sul principio che la laicità
dello Stato non può e non deve essere identificata come indifferentismo
e neutralismo etico: a nostro parere, non può esserci uno Stato senza
alcun riferimento etico; a tal riguardo uno Stato laico dovrebbe riconoscere,
in primo luogo, e, successivamente sostenere le esperienze di legami solidi
e solidali.
Da qui si sottolinea che la libertà della persona rispetto a scelte di
vita, tra cui quella di avere un bambino con il proprio partner, deve essere
sempre considerata come un atto di responsabilità verso altre persone,
come un progetto finalizzato e condiviso nel rispetto di altri, e non come un
gesto solo egoistico ed autoreferenziale: il desiderio della donna o della coppia
non può essere l'unico criterio di fronte all'accendersi di una nuova
vita.
Riguardo al fondamentale divieto che la legge improrogabilmente pone alla fecondazione
eterologa, ci teniamo a sottolineare che alcuni paesi europei (tra cui la Svezia,
definita laica e progressista) per anni avevano legalizzato tale tecnica procreativa
senza alcun limite, per poi fare un inevitabile dietro-front. Proprio la Svezia,
nel 1984, ha emanato una legge che riconosce il diritto dei giovani maggiorenni
di sapere l'identità del proprio padre biologico e, nel 1988, ha vietato
la possibilità della fecondazione eterologa.
Tale disegno di legge è ben lontano dalla errata pretesa di essere definito
"cattolico": la morale cristiana non accetta alcuna tecnica di procreazione
extracorporea e, nel contempo, non riconosce la possibilità che a tale
tecnica procreativa possano accedere coppie non coniugate.
Risulta un buon testo normativo che dimostra, da un lato, di non essere ideologico
e, dall'altro, di possedere una buona aderenza all'irrinunciabile principio
di realtà che dovrebbe guidare ogni azione politica e amministrativa.
Infine, ci giunge spontaneo un interrogativo, che rimandiamo volentieri alla
libera discussione: il fatto che tale disegno di legge stabilisca per assodato
e certo che l'embrione è soggetto titolare di diritti non apre forse
un problema di incompatibilità e di contraddizione con i principi della
legge 194 del 1978 sull'interruzione volontaria di gravidanza?
Massimo Mazzoli, Claudia Barbieri
Gabriele Sirocchi, RenzoParoni
Gianfranco Salvatore, Carlo Lucotti
Elena BarbieriLuisa, Veronesi
(Casalmaggiore, 20 dicembre 2003)
LA NEVROSI DI AVER FIGLI O DI AMMAZZARLI
Fecondazione: figliare non è un diritto, è una possibilità
dell'amore
Ma che c'entra con la legge sulla fecondazione assistita l'autonomia dello Stato
dalla Chiesa (Miriam Mafai)? Che c'entra la natura liberale dello Stato (Piero
Ostellino)? Che c'entra l'uso a scopo terapeutico di "embrioni sovrannumerari"
(bella espressione: dice tutto?): Il problema è uno solo: autorizzare
o non autorizzare un trattamento selettivo e intrinsecamente demoniaco degli
embrioni, autorizzare o non autorizzare la famiglia artificiale. Da questo punto
di vista, più sorvegliata e severa è la legge, meglio è.
E non c'entrano nemmeno le pulsioni trasversali dei credenti cattolici, c'entra
la libera valutazione della coscienza umana, una roba che riguarda tutti e che
è un po' più importante del bipolarismo e della lista unica dell'Ulivo.
La deputata di sinistra Gloria Buffo ha detto ieri che bisogna difendere "uno
dei diritti umani fondamentali, la possibilità di avere un figlio o meno".
Altrimenti la legge è "crudele". Chiunque, in qualunque condizioni
si trovi, ha diritto di avere un figlio, e di averlo sano, con l'aiuto della
scienza biomedica; e chiunque ha il diritto di rifiutarlo. Ma siano matti? Bisogna
essere considerati bigotti, baciapile, servi del Vaticano e nemici delle donne
per pensare che i figli non sono un diritto, l'abrogazione dei figli non è
un diritto, i figli non sono cose esigibili per legge o fabbricabili a piacimento,
sono natura e civiltà indissolubilmente connesse, sono una possibilità
dell'amore e non una nevrosi familiare da curare medicalmente con dosi massicce
di disprezzo per il diritto, quello sì un diritto, alla vita?
Fecondazione eterologa, sperpero degli embrioni, diagnosi pre impianto, diritto
all'aborto di un embrione impiantato, famiglia single o omosessuale e tante
altre combinazioni artificiali, fino alla produzione di figli on demand e alla
clonazione (perché no?): è questa la salute della donna che dite
di difendere? Ma sapete che cos'è la salute? In quale società
volete portare questa salute, questa fitness, questa distratta adeguatezza alla
più sbadata e conformista delle modernità? Non è in questione
la religione, che pure ha diritto di esistere e di farsi sentire. E' in questione
una elementare riflessione civile sul mondo e sull'umanità nell'epoca
della scienza dispiegata. Pensate di avere spiegato bene, a voi stessi e agli
altri, le conseguenze dell'abolizione biomedica, nel crogiuolo confuso della
famiglia artificiale, di concetti come la paternità, la maternità,
la fraternità? Pensate di potere abolire senza spiegazioni etiche la
sorprendente casualità dell'esistenza? Dove sta la salute se la vita
è
cosa, progetto di laboratorio socialmente impazzito, catalogo e classificazione
delle opzioni per un consumo e una produzione di figli à la carte? E'
vero che quasi tutto sta già succedendo, che un pezzo del mondo è
già immerso nel caos della sindrome da spermatite, ma non è una
buona ragione per obbedire a quel che succede, per essere conformisti quando
si fanno le leggi. Ragionate. Interrogatevi. Disobbedite. Siate laici.
(Il Foglio, 5 dicembre 2003)
OSCURANTISMO
Intervista con don Roberto Colombo, biologo che non accetta la selezione
della vita
Si chiama "libertà riproduttiva", è il nodo filosofico
e giuridico, prima ancora che medico e scientifico, attorno a cui ruota il dibattito
sulla fecondazione assistita. Secondo l'appello di intellettuali e scienziati
pubblicati ieri da Repubblica, la "libertà riproduttiva" è
infatti un "valore definitivamente consolidato della crescita civile"
che la legge in discussione al Senato violerebbe in modo grave. Tra i firmatari
il professor Carlo Flamigni, il Nobel Rita Levi Montalcini, Tullia Zevi e altri,
tutti concordi nel difendere, "il diritto delle cittadine e dei cittadini
di formare una famiglia secondo i loro valori" e ancor più "il
diritto di essere liberi di scegliere se avere o non avere figli, quanti averne,
quando averli e come averli (corsivi nel testo). Opinione diametralmente opposta
a quella di chi ritiene che "avere un figlio" non è in primo
luogo "un diritto", e soprattutto non lo è a tutti i costi.
Su queste posizioni, assieme a una pattuglia di laici "disincantati",
c'è innanzitutto la Chiesa cattolica. Don Roberto Colombo è il
direttore del Laboratorio di biologia molecolare e genetica umana dell'Università
Cattolica di Milano. In questa intervista, senza eccedere in aspetti scientifici
e senza scendere nei dettagli tortuosi del testo di legge, offre le ragioni
"culturali" della posizione cattolica in materia, puntando dritto
al cuore dell'appello di cui sopra: "I diritti possessivi riguardano solo
le cose, non le persone. Le persone non si possono 'avere': un uomo o una donna
lo si ama o lo si odia, lo si accoglie o lo si mette alla porta. Non lo si possiede,
non si può acquisirlo né cederlo. E' un principio di civiltà,
guadagnato ripudiando la schiavitù, il commercio di donne e di bambini,
lo sfruttamento delle minoranze".
Se dunque la libertà di procreare non è identica a quella di possedere,
la libertà di avere figli deve soggiacere a limiti oggettivi? "Il
principio della libertà è fondamentale per il cristianesimo: la
grandezza dell'uomo consiste proprio nella libertà, che è la sua
possibilità di salvezza. Ma la libertà non è mai astratta,
si gioca solo di fronte alla realtà. In questo caso è la realtà
di un figlio. Per affermare la libertà di procreare, i genitori devono
fare i conti con lui, non contro di lui. Per questo la libertà di procreare
- che la Chiesa ha sempre difeso, ripudiando, per esempio, le pratiche eugenetiche
e la sterilizzazione obbligatoria di alcune categorie di soggetti - deve rispettare
la vita di un figlio così come essa è, non eliminarla, selezionarla
o condizionarla".
Secondo i critici, la legge in discussione è antiscientifica, addirittura
un ritorno al Medioevo, al pari delle posizioni della Chiesa che l'avrebbero
in larga parte ispirata. Il postulato implicito è che "se è
possibile, non può essere vietato", e che è il progresso
scientifico a fissare le condizioni di moralità. Come risponde a tali
obiezioni? "La scienza si fonda sulla osservazione e sulla ragione, non
su una ideologia", risponde don Colombo: "E' ideologico sostenere
che la fecondazione in vitro non presenta gravi problemi clinici, sociali, etici
e legali, e che quindi non ha bisogno di essere normata da una legge. Per esempio,
se non si limita il numero di embrioni ottenibili per ogni ciclo di trattamento,
la bassa percentuale di gravidanze spinge a generare embrioni 'in sovrannumero',
il cui destino rappresenta un problema morale,
sociale e legale. E' scientifico riconoscere il difetto intrinseco della fecondazione
artificiale e cercare di porvi rimedio facendo trasferire in utero tutti gli
embrioni".
L'appello pubblicato da Repubblica non parla del destino degli embrioni non
trasferiti in utero, ma è evidente che dietro questo problema urge quello
della ricerca sulle cellule staminali. "Nei circoli culturali che osteggiano
la legge aleggiano anche interessi estranei al bene dei nascituri e delle coppie
sterili. Tra questi interessi, al primo posto sta quello di poter disporre di
un certo numero di embrioni per estrarvi le cellule staminali embrionali da
impiegare per una possibile terapia cellulare. Chiamare alla vita un essere
umano per poi distruggerlo (qualunque ne sia lo scopo) è un crimine che
ogni società civile ha sempre condannato. Per questo la legge non può
permetterlo, neanche se questo essere umano ha solamente pochi giorni di vita
o se è abbandonato dai propri genitori in un congelatore".
Occorre essere credenti per affermare questo? "No. Tutti i ricercatori,
quando descrivono nei loro lavori scientifici lo sviluppo di un nuovo organismo,
riconoscono nella realtà dell'embrione umano l'inizio di una nuova vita
individuale. Quando, però, si espongono in un giudizio pubblico sulla
realtà dell'embrione, non tutti rimangono fedeli alle conclusioni cui
li ha portati l'osservazione e la ragione scientifica. E' una questione di incidenza
della moralità nella dinamica della conoscenza. Ovvero, di amare la verità
delle cose più dell'idea che di esse ci siamo costruiti".
(Il Foglio, 10 dicembre 2003)
UNA LEGGE VIRATA AL FUTURO
Il Parlamento aveva appassionatamente discusso, il Parlamento ha liberamente
votato. E si è espresso con una maggioranza finale (169 sì, 92
no e 5 astenuti) che non lascia dubbi circa la volontà del Senato della
Repubblica di confermare l'orientamento dato dalla Camera dei Deputati. Finalmente
anche l'Italia ha una legge che chiude l'era di provetta selvaggia ed apre una
fase nuova, modulata dalla trasparenza. E sulla quale converrebbe a tutti ragionare
con pacatezza, lasciando depositare le scorie dei furori parolai. Apparirà
chiaro allora che questa legge è lucidamente orientata al futuro. Tanto
è non travisabile la sua intelaiatura, in un sistema di norme posto a
presidio di tutti i soggetti coinvolti in una potenziale vicenda di fecondazione
assistita: i genitori che vogliono con amore un figlio, il figlio seriamente
desiderato per se stesso, l'uomo di scienza che si accetta obbediente alla scienza
e non all'avventura, il medico che cura la vita e non fa il businessman. Un
equilibrio essenziale che il legislatore ha mostrato di perseguire lungo tutto
il non facile percorso parlamentare della legge con uno spirito - giova ricordarlo
- perfettamente aderente alla raccomandazione che quasi quindici anni fa arrivò
dal Parlamento europeo.
Questa precisa caratteristica, l'attenzione esplicita a tutelare - lo ripetiamo
- tutti i protagonisti di un processo di fecondazione artificiale, rende la
legge approvata ieri umanamente ed eticamente apprezzabile. Un apprezzamento
che non può essere rivestito, come pure si è tentato ostinatamente
di fare, di panni "cattolici". Se non da parte di chi ignora (o finge
di ignorare) che per la morale cristiana la maternità e la paternità
non sono desiderabili come esito di una fecondazione extra-corporea. Se non
da parte di chi sia disposto ad amputare una impostazione fieramente "laica"
della solida garanzia rappresentata dal principio di precauzione. Un principio
che, con encomiabile e condivisibile slancio, viene invocato quando si tratta
di decidere a proposito degli organismi geneticamente modificati, e che invece,
da alcune parti, si pretenderebbe di attenuare vistosamente o addirittura di
sospendere quando in questione viene posta l'esistenza di uomini e donne nella
forma - in particolare - della vita nascente. Nessuno può in partenza
mettere a repentaglio la vita degli altri, il suo dosaggio pienamente umano,
i suoi delicati equilibri psichi ed esistenziali.
Nei giorni a venire sarà utile tornare a ragionare con mente fredda su
tutto questo. E soprattutto sulla vexata quaestio della presunta ferita inferta
alle donne e al futuro per il rifiuto del legislatore di catalogare alla voce
"diritto della modernità" la fecondazione eterologa ovvero
la scientifica "costruzione" di un figlio con il seme anonimo di un
donatore estraneo epperò
caratterizzato: biondo, bruno, bianco, nero, alto, basso
La modernità
- questa presunta modernità - come catalogo, appunto.
Proprio per questo la legge varata ieri aiuta invece a mantenere saldo il futuro.
Saldo nella sua qualità più essenziale, nella sua cifra squisitamente
umana, nella sua integra disponibilità. A non depotenziarlo, a non impoverirlo
in maniera irrimediabile. A non surrogarlo. Comunque a non subirlo.
Marco Tarquinio
(Avvenire, 12 dicembre 2003)
UNA LEGGE VIRATA AL FUTURO
Il Parlamento aveva appassionatamente discusso, il Parlamento ha liberamente
votato. E si è espresso con una maggioranza finale (169 sì, 92
no e 5 astenuti) che non lascia dubbi circa la volontà del Senato della
Repubblica di confermare l'orientamento dato dalla Camera dei Deputati. Finalmente
anche l'Italia ha una legge che chiude l'era di provetta selvaggia ed apre una
fase nuova, modulata dalla trasparenza. E sulla quale converrebbe a tutti ragionare
con pacatezza, lasciando depositare le scorie dei furori parolai. Apparirà
chiaro allora che questa legge è lucidamente orientata al futuro. Tanto
è non travisabile la sua intelaiatura, in un sistema di norme posto a
presidio di tutti i soggetti coinvolti in una potenziale vicenda di fecondazione
assistita: i genitori che vogliono con amore un figlio, il figlio seriamente
desiderato per se stesso, l'uomo di scienza che si accetta obbediente alla scienza
e non all'avventura, il medico che cura la vita e non fa il businessman. Un
equilibrio essenziale che il legislatore ha mostrato di perseguire lungo tutto
il non facile percorso parlamentare della legge con uno spirito - giova ricordarlo
- perfettamente aderente alla raccomandazione che quasi quindici anni fa arrivò
dal Parlamento europeo.
Questa precisa caratteristica, l'attenzione esplicita a tutelare - lo ripetiamo
- tutti i protagonisti di un processo di fecondazione artificiale, rende la
legge approvata ieri umanamente ed eticamente apprezzabile. Un apprezzamento
che non può essere rivestito, come pure si è tentato ostinatamente
di fare, di panni "cattolici". Se non da parte di chi ignora (o finge
di ignorare) che per la morale cristiana la maternità e la paternità
non sono desiderabili come esito di una fecondazione extra-corporea. Se non
da parte di chi sia disposto ad amputare una impostazione fieramente "laica"
della solida garanzia rappresentata dal principio di precauzione. Un principio
che, con encomiabile e condivisibile slancio, viene invocato quando si tratta
di decidere a proposito degli organismi geneticamente modificati, e che invece,
da alcune parti, si pretenderebbe di attenuare vistosamente o addirittura di
sospendere quando in questione viene posta l'esistenza di uomini e donne nella
forma - in particolare - della vita nascente. Nessuno può in partenza
mettere a repentaglio la vita degli altri, il suo dosaggio pienamente umano,
i suoi delicati equilibri psichi ed esistenziali.
Nei giorni a venire sarà utile tornare a ragionare con mente fredda su
tutto questo. E soprattutto sulla vexata quaestio della presunta ferita inferta
alle donne e al futuro per il rifiuto del legislatore di catalogare alla voce
"diritto della modernità" la fecondazione eterologa ovvero
la scientifica "costruzione" di un figlio con il seme anonimo di un
donatore estraneo epperò
caratterizzato: biondo, bruno, bianco, nero, alto, basso
La modernità
- questa presunta modernità - come catalogo, appunto.
Proprio per questo la legge varata ieri aiuta invece a mantenere saldo il futuro.
Saldo nella sua qualità più essenziale, nella sua cifra squisitamente
umana, nella sua integra disponibilità. A non depotenziarlo, a non impoverirlo
in maniera irrimediabile. A non surrogarlo. Comunque a non subirlo.
Marco Tarquinio
(Avvenire, 12 dicembre 2003)
UNA LEGGE VIRATA AL FUTURO
Il Parlamento aveva appassionatamente discusso, il Parlamento ha liberamente
votato. E si è espresso con una maggioranza finale (169 sì, 92
no e 5 astenuti) che non lascia dubbi circa la volontà del Senato della
Repubblica di confermare l'orientamento dato dalla Camera dei Deputati. Finalmente
anche l'Italia ha una legge che chiude l'era di provetta selvaggia ed apre una
fase nuova, modulata dalla trasparenza. E sulla quale converrebbe a tutti ragionare
con pacatezza, lasciando depositare le scorie dei furori parolai. Apparirà
chiaro allora che questa legge è lucidamente orientata al futuro. Tanto
è non travisabile la sua intelaiatura, in un sistema di norme posto a
presidio di tutti i soggetti coinvolti in una potenziale vicenda di fecondazione
assistita: i genitori che vogliono con amore un figlio, il figlio seriamente
desiderato per se stesso, l'uomo di scienza che si accetta obbediente alla scienza
e non all'avventura, il medico che cura la vita e non fa il businessman. Un
equilibrio essenziale che il legislatore ha mostrato di perseguire lungo tutto
il non facile percorso parlamentare della legge con uno spirito - giova ricordarlo
- perfettamente aderente alla raccomandazione che quasi quindici anni fa arrivò
dal Parlamento europeo.
Questa precisa caratteristica, l'attenzione esplicita a tutelare - lo ripetiamo
- tutti i protagonisti di un processo di fecondazione artificiale, rende la
legge approvata ieri umanamente ed eticamente apprezzabile. Un apprezzamento
che non può essere rivestito, come pure si è tentato ostinatamente
di fare, di panni "cattolici". Se non da parte di chi ignora (o finge
di ignorare) che per la morale cristiana la maternità e la paternità
non sono desiderabili come esito di una fecondazione extra-corporea. Se non
da parte di chi sia disposto ad amputare una impostazione fieramente "laica"
della solida garanzia rappresentata dal principio di precauzione. Un principio
che, con encomiabile e condivisibile slancio, viene invocato quando si tratta
di decidere a proposito degli organismi geneticamente modificati, e che invece,
da alcune parti, si pretenderebbe di attenuare vistosamente o addirittura di
sospendere quando in questione viene posta l'esistenza di uomini e donne nella
forma - in particolare - della vita nascente. Nessuno può in partenza
mettere a repentaglio la vita degli altri, il suo dosaggio pienamente umano,
i suoi delicati equilibri psichi ed esistenziali.
Nei giorni a venire sarà utile tornare a ragionare con mente fredda su
tutto questo. E soprattutto sulla vexata quaestio della presunta ferita inferta
alle donne e al futuro per il rifiuto del legislatore di catalogare alla voce
"diritto della modernità" la fecondazione eterologa ovvero
la scientifica "costruzione" di un figlio con il seme anonimo di un
donatore estraneo epperò
caratterizzato: biondo, bruno, bianco, nero, alto, basso
La modernità
- questa presunta modernità - come catalogo, appunto.
Proprio per questo la legge varata ieri aiuta invece a mantenere saldo il futuro.
Saldo nella sua qualità più essenziale, nella sua cifra squisitamente
umana, nella sua integra disponibilità. A non depotenziarlo, a non impoverirlo
in maniera irrimediabile. A non surrogarlo. Comunque a non subirlo.
Marco Tarquinio
(Avvenire, 12 dicembre 2003)
PRINCIPIO DI PRECAUZIONE E SCAPPATOIE ILLUSTRI
In questi giorni di discussione sui bambini in provetta, come cattolici abbiamo
ricevuto varie e interessanti lezioni: di scienza, di metafisica, di diritto,
di religione. Abbiamo letto veramente di tutto. L'editore del maggior giornale
progressista ci ha informato che i comandamenti di Mosè e il Vangelo
di Cristo "nulla dispongono" in materia di fecondazione artificiale.
L'editorialista del più grande quotidiano moderato ha voluto aggiornarci
sull'anima: non viene insufflata nel corpo fin dal primo istante (come secondo
lui noi crediamo), ma solo dal momento in cui si forma il sistema nervoso. Insomma:
laici patentati, neoborghesi radicali e atei convinti, che però non sono
scienziati né studiosi del delicato tema, hanno sentito il dovere di
illuminarci sui reali contenuti della nostra religione. E di spiegarci che la
scienza ha fatto grandi progressi dai secoli aristotelici in cui (secondo loro)
noi cattolici l'avevamo lasciata; insomma si sono sforzati di chiarirci le idee
usando - alquanto malagevolmente - il linguaggio che secondo loro noi siamo
in grado di intendere, quello delle disputationes metaphysicae tardomedievali,
della Scolastica, della Bibbia. Quando l'anima entra nel corpo? Quando la materia
diventa forma? Jahvé non ha dato ad Adamo il dominio sulla Natura? Grazie.
Ma le nostre obiezioni erano, se solo le aveste ascoltate, d'altro tipo. Non
ci preoccupa qui il momento in cui l'anima è insufflata nel corpo fetale,
ma la percentuale eccessiva di bambini malformati che la fecondazione artificiale
tende a produrre. Non invochiamo nella legge le tavole di Mosè, ma la
raccomandazione del Parlamento europeo del 1989, che invita a considerare i
diritti del bambino e persino dell'embrione. Non sottovalutiamo il potere di
Adamo sugli animali nell'Eden, ma ci chiediamo se esso giustifichi quel business
miliardario, che si sviluppa attorno alle donne in menopausa assetate di prole,
al punto che terapie fertilizzanti efficaci, ma meno lucrose, sono spesso taciute
alle pazienti, per dirottarle ignare verso le tecniche di fecondazione artificiale
più costose. Non ci parlate del Vangelo, che non è il vostro campo;
rispondeteci sulle fatture fiscali di lorsignori "scienziati", sulle
percentuali di insuccessi, sui rischi genetici. Non vi additiamo la Dannazione
Eterna, ma le statistiche sugli esiti di pratiche "scientifiche" spesso
rovinose. Su questo, prego, illuminateci.
Strano che non abbiate ascoltato né risposto su questi temi, diciamo
così, moderni. E adesso scrivere che con la legge approvata al Senato
"hanno vinto i cattolici", quando ha vinto, semmai, il moderno razionale
principio di precauzione; che, se va applicato all'ecologia, non si vede perché
possa essere violato quando si tratta di produrre esseri umani. Non viviamo,
credeteci, con la testa all'indietro; siamo, come voi, appena usciti dal XX
secolo, e abbiamo visto quello che questo secolo, le sue ideologie "scientifiche"
e "biologiche" hanno fatto alla carne dell'uomo. E, scusate, ci pare
molto moderno, molto razionale, che una legge perfettibile provi a mettere qualche
limite all'arbitrio di una scienza guidata dal profitto, come agli illimitati
desideri della clientela femminile, egotista-consumista di quegli "scienziati"
che la illudono della propria onnipotenza.
Maurizio Blondet
(Avvenire, 12 dicembre 2003)
"ATTACCHI INGIUSTI, E' UN VOTO CONTRO LA DERIVA SCIENTIFICA"
Rutelli, leader della Margherita, ha votato a favore della legge e replica
alle critiche "spiacevoli, incomprensibili degli alleati" dopo il
voto sulla procreazione assistita.
Non teme conseguenze sul futuro dell'Ulivo, Francesco Rutelli. Neppure in caso
di referendum. E dopo la "tempesta" che lo ha investito nelle fasi
conclusive del confronto parlamentare sulla procreazione assistita, ha forse
un solo rammarico: non essere riuscito a spiegare fino in fondo il suo punto
di vista. Ma si dice disposto a farlo in qualunque momento, anche in una eventuale
campagna referendaria. Proprio perché, su questa materia, si dichiara
sorretto da convinzioni maturate in una riflessione ultradecennale, tra le quali
spicca quello che definisce "il principio di precauzione": criterio,
spiega, necessario ad evitare i rischi di un "liberismo scientifico assoluto"
che può facilmente sfociare nell'eugenetica. [
]
L'Ulivo reggerebbe anche all'urto di una raccolta di firme per un referendum?
L'iniziativa di una consultazione referendaria è sempre esercizio di
un legittimo diritto. E chi dissente da questa legge ha piena dignità
perché non ci può essere disciplina di partito o di coalizione.
Io credo che in tal caso ci sarebbe la possibilità di aprire un confronto
più ampio con i cittadini, su un terreno importantissimo e su materie
con le quali ci troveremo a fare i conti lungo tutto il corso della vita.
Non teme di vedersi accusare di nuove "ossessioni", come le rimprovera
l'Unità?
Guardi, gli attacchi che ho ricevuto li considero incomprensibili, più
ancora che spiacevoli. Pretendere di confrontarsi ricorrendo su certi argomenti
all'accusa di essermi collocato su posizioni medievali, retrograde, oscurantiste
Cos'altro hanno detto?
Diliberto ha parlato di legge "bastarda"
Ecco, lasciamo stare. Il fatto è che io non sostengo certi argomenti
da oggi, anche se in passato hanno destato minor clamore. La mia posizione personale
è stata sempre molto chiara e trasparente. Questa è una legge
che arriva in ritardo, in cui ci sono alcune parti migliorabili e che io speravo
di poter vedere cambiate. Ma il clima che è stato creato, anche per responsabilità
della maggioranza, non ha consentito di inserire quegli aggiustamenti che auspicavo
e che ritengo sia comunque possibile operare in un vicino futuro: la normativa
non potrà che essere migliorata alla luce dell'applicazione.
Lei dice di non comprendere le critiche. Ma ritiene di essere riuscito a farsi
capire bene dai suoi alleati?
Probabilmente no. C'è una grande azione culturale da svolgere, anche
nell'attività politica e legislativa. Non possiamo troncare il confronto
a colpi di accuse o di contrapposizioni tra laici e cattolici. Il corso della
nostra vita è cambiato in misura radicale. C'è un'avanzata della
scienza travolgente, che apre problemi sociali e umani inimmaginabili fino a
pochi anni fa.
Ma i suoi critici le rimproverano proprio di schierarsi con chi ostacola il
progresso.
Mi permetto di contestare certe facili definizioni di progresso. La verità
è che le nuove scoperte e le nuove conquiste tecniche ampliano in misura
nuova l'orizzonte delle libertà e dunque delle responsabilità.
Mi preoccupa che, di fronte a prospettive inedite, tutto sia lasciato all'alternativa
tra la liberalizzazione di qualunque pratica scientifica e l'indifferenza.
In sede politica, però, al momento di confrontarsi c'è chi la
invita a tener conto di quella che Violante definisce "la cultura prevalente"
nel suo schieramento.
La Margherita rappresenta, io credo, un luogo di libertà, a differenza
di altre "case" nelle quali si è imposto un indirizzo partitico.
Se dovessimo guardare ai numeri, probabilmente alla maggioranza dei parlamentari
favorevoli alla legge nel Paese oggi corrisponde una minoranza. E per questo
penso che il confronto
debba continuare coraggiosamente e senza pregiudizi. In tema di procreazione
assistita da tempo avverto che rischiamo una deriva capace di condurci all'eugenetica.
Teme un ritorno alla selezione delle razze?
Di fatto già comincia ad avvenire. E' già possibile conoscere
la "qualità" di un embrione e la direzione di marcia, se non
si interviene, è quella di scegliere in laboratorio la vita di alcuni
discendenti e scartare quella di altri. La sfida che fronteggiamo è di
saper sviluppare regole in grado di impedire lo scivolamento lungo questa china.
Sapendo che il lavoro non si conclude con questa legge. Provo tenerezza, ma
anche sconcerto quando leggo di mamme che portano in grembo bambini concepiti
con la fecondazione eterologa e che dicono di non volere rivelare al figlio
che è nato dalla provetta.
Perché sconcerto?
Ma perché finirà comunque per saperlo. Ne ha il diritto e, proprio
grazie al progresso che ne ha reso possibile il concepimento, lo saprà
senz'altro. Al primo test del dna, come tenerglielo nascosto? L'atteggiamento
di cautela, questo approccio precauzionale che sollecito, tiene conto proprio
del fatto che siamo soltanto all'inizio di un processo di cui non possiamo intravedere
gli sviluppi.
Non la scuote un po' neppure l'accusa a questa legge di essere "antieuropea",
perché più restrittiva di altre in vigore nel Continente?
Ho partecipato al dibattito in Parlamento europeo su questo argomento. E ricordo
che non fu possibile votare nessun testo condiviso, tutti furono bocciati perché
non si è riuscita a formare nessuna maggioranza. La verità è
che sui temi della scienza, della famiglia e della vita non stiamo indicando
i limiti e le opportunità, stiamo inseguendo in modo inadeguato le trasformazioni.
Ma come dimostra il progresso nella ricerca sulle cellule staminali, il tempo
gioca forse a favore del principio di precauzione che propugno. Per le stesse
ragioni per le quali mi batto contro il liberismo economico estremo, ritengo
che il liberismo scientifico assoluto avvicini l'uomo a una pretesa di onnipotenza
e lo allontani dalle migliaia di bambini abbandonati che attendono accoglienza.
Gianfranco Marcelli
(Avvenire, 12 dicembre 2003)
TONINI: CHE DELUSIONE IL RAGIONARE PROGRESSISTA
Come valuta il tutto, cardinale Ersilio Tonini? "Speravo in questo esito,
ma non mi sento di esultare", replica lui amaro. L'argomento è,
ovviamente, la legge che limita la fecondazione artificiale, e le incandescenti
polemiche che ha innescato.
Eminenza, perché non c'è da esultare?
Perché ho visto il Paese spaccarsi. E questo non mi dà pace. Dopo
la tragedia di Nasiriya, avevamo visto un'Italia infine unanime davanti alle
bare dei nostri ragazzi. Ed ora, ecco la lacerazione: ma davvero questa legge
è così lesiva dei valori della laicità, da giustificare
una divisione atroce tra "cattolici" e "laici"? Davvero
è questo il punto? E perché allora tre anni fa, quando il centrosinistra
promosse una legge non dissimile, non ci fu questo atroce lacerarsi nazionale?
Sta accusando i politici? Ma Rutelli è stato coraggioso
E la cosa strana è che l'hanno subito sospettato di chissà quali
dietrologie. Non si riconosce legittimità a un atteggiamento di coscienza.
S'è molto straparlato nei giorni scorsi.
Ho sentito Emanuele Severino argomentare come segue: ovvio, la Chiesa ritiene
che l'embrione sia un essere umano, e perciò ne difende la vita; ma la
stessa Chiesa ammette la guerra, dunque ammette che in certi casi uccidere è
lecito. Piccolo particolare: l'embrione non è in guerra con nessuno.
E pare non sia lecito finora sacrificare un essere umano perché ne nasca
un altro.
Ma sarà vero che questa legge "ci mette fuori dall'Europa"?
Ecco, come si fa a scrivere cose del genere? Quando due Paesi, Germania e Svezia,
ci hanno preceduto nel limitare severamente la fecondazione artificiale della
donna, vietando la donazione di ovociti?
La Svezia? Eppure è molto laica e progressista?
Quella è la storia più esemplare. La Svezia, per decenni prima
di noi, aveva legittimato la fecondazione eterologa senza limiti. Poi, nel 1984,
ha dovuto emanare una legge che riconosce il diritto dei giovani, a 18 anni,
di sapere chi è il loro padre biologico
Mi immagino che bellezza: un ragazzo bussa alla porta di un uomo sconosciuto,
con altra famiglia, e gli dice: tu sei il mio papà. Con quali conseguenze
sociali?
Ma quello che stava avvenendo era peggio. Era accaduto che si moltiplicavano
i divorzi per "gelosia genetica", come in Italia nel caso di quella
coppia di Cremona. Era un tarlo che rodeva le coppie, e anche i figli. Fra i
ragazzi svedesi, ad esempio, si era sparso il dubbio: "Sarà questo
mio padre?". Così nel 1988, la Svezia ha vietato l'eterologa.
Esiste dunque la "gelosia genetica"? La ricerca del padre è
un fenomeno così diffuso tra i figli della provetta?
Guardi, in Inghilterra la baronessa Warnock, promotrice della legge sulla fecondazione
artificiale, in una recente intervista al Times, ha ammesso: io che ritenevo
giusto dare alla donna l'accesso alla maternità anche con la fecondazione
eterologa, oggi, vedendo quanti sono i giovani che vanno alla ricerca ansiosa
del padre naturale, e quanti danni psicologici ne ricevono, ammetto di aver
sbagliato. Il periodico tedesco Der Spiegel, giornale non certo clericale, sta
documentando seriamente questo nuovo e strano genere di tragedie. Vi ho letto
il caso, americano, di una madre che in punto di morte rivela alla sua bambina
di 11 anni di averla avuta, diciamo così, da una banca del seme. La ragazza,
cresciuta, visita tutte le banche del seme, fa domande, investiga con l'aiuto
di detective privati; in una foto di un donatore, uno fra migliaia, "riconosce"
suo padre dallo sguardo. Si presenta a quest'uomo, e le lascio immaginare le
conseguenze. Questo genere di fenomeni va crescendo. Conosce Jacques Testart?
Jacques chi?
Jacques Testart, biologo francese, autore di un saggio, "Des hommes probables",
contro l'ideologia e le illusioni della "rivoluzione genetica". Ateo
convinto, è il più grande avversario della fecondazione artificiale.
Testart dice: solo gli animali sono indifferenti al loro padre. Per i figli
dell'uomo, la memoria del padre, la certezza della sua identità, è
parte integrante della loro stessa identità. Questo "eugenismo di
mercato", dice Testart, è una disfatta della paternità umana.
Queste informazioni, è la prima volta che le sento.
Ecco, questo è il punto che mi amareggia di più. Sinceramente,
lo dico come uno della famiglia giornalistica, si poteva desiderare di meglio.
Maurizio Blondet
(Avvenire, 14 dicembre 2003)
LEGGE LAICA CHE RISPETTA LA VITA
Finalmente in Italia una legge che disciplina la giungla della fecondazione
assistita nella quale si cimentano circa quattrocento centri specializzati;
finalmente una regolamentazione di un mercato nel quale spesso il prestigio
degli operatori prevale sugli interessi delle coppie; ma finalmente e, soprattutto,
una legge in linea con le raccomandazioni del parlamento europeo che, dal 1989,
chiedono di tener conto di tutti i protagonisti dello scenario, quindi non solo
dei genitori che legittimamente desiderano un figlio, ma anche dell'embrione.
Il prestigio laico di questa legge sta nell'avere salvaguardato gli eguali diritti
di tutti gli attori coinvolti nella vicenda della
fecondazione assistita; nell'aver stabilito che la libertà e il desiderio
individuale non possono superare il limite costituito dal rispetto della vita
altrui; che l'efficienza della tecnica non può migliorare a scapito del
sacrificio della dignità di esseri umani; di aver fatto proprie evidenze
che la scienza e la ragione ritengono acquisite in modo inequivocabile. Infatti
affermare che l'embrione è un individuo umano a pieno titolo, cioè
uno di noi, corrisponde alla realtà dell'inizio e dello sviluppo di un
organismo umano così come è documentato dalla indagine biologica
iniziata oltre un secolo fa.
Un grande maestro della biologia dello sviluppo contemporanea, Scott F. Gilbert,
nell'ultima edizione (2000) di un trattato adottato come testo nelle più
prestigiose università anglosassoni, così si esprime: "Le
fecondazione è il processo mediante il quale due cellule sessuali (gameti)
si fondono insieme per creare un nuovo individuo con un corredo genetico derivato
da entrambi i genitori".
Nessun docente che fondi la propria conoscenza sul realismo e sulla ragione
intese come apertura alla realtà si sentirebbe autorizzato a insegnare
diversamente circa l'inizio della vita individuale senza doversi confrontare
lealmente con un numero di osservazioni sperimentali, mai fino ad ora falsificate,
che impressionano per la loro ricchezza. Allo stesso modo va riconosciuta la
lealtà con la quale molti politici nel corso del dibattito sull'approvazione
della legge, abbandonando ogni preconcetto, hanno riconosciuto che l'affermazione
dell'umanità del concepito non è questione di fede ma di ragione.
Embrione quindi come soggetto di diritto (art. 1), non come oggetto di manipolazione.
L'impianto della legge appare coerente rispetto a questa affermazione e pertanto
vengono disposte garanzie utili per la destinazione di ogni concepito alla nascita:
ovvio quindi il divieto di sperimentazione distruttiva, di congelamento e di
produzione di un numero maggiore di tre embrioni contemporaneamente (artt. 13-14)
con l'intento di evitare selezione preimpianto, produzione sovrannumeraria e
riduzione fetale.
La legge che prevede garanzie anche per il diritto alla famiglia, alla salute,
alla identità genetica dell'embrione, appare come la migliore legge laica
che l'attuale contesto socio-culturale renda possibile approvare. Di fronte
a tanta irritazione laicista che in questi giorni ha inneggiato a presunti "diritti
riproduttivi", sono grato a quanti hanno votato una legge nella quale la
passione per la realtà così come è appare più forte
della passione per qualsiasi progetto su di essa, costruito o immaginato.
Paolo Emiliani
Medico, presidente Movimento per la Vita di Cremona
(La Provincia, 12 dicembre 2003)
IL DISCRIMINE E' DATO DAL CRINALE DELL'UMANESIMO
Non sono uno scienziato, né un filosofo, né un esperto del settore.
E tuttavia anche a un cittadino comune sulla proposta - oramai legge - della
fecondazione assistita si impone una riflessione libera dalle scorie del dibattito
politico.
Ebbene non si può non partire dalla insistita riproposizione, vecchia
e strumentale, di un Paese diviso tra due schieramenti: cattolici da una parte
e laici dall'altra. Ma è davvero così? Non è invece un
altro il confine che "separa" i cittadini, poco raccontato perché
scomodo e forse "politicamente non corretto"?
Il primo paletto di "confine" sta tra coloro che pretendono di conferire
dignità di diritto a qualunque desiderio che il progresso scientifico
propone o a stili e comportamenti che appartengono ad una minoranza, e coloro
che credono in valori che sono il bene per le persone e per la comunità.
Il secondo paletto di confine è tra coloro che ritengono la libertà
individuale al di sopra di tutto e senza alcun limite, e coloro che ritengono
non esista libertà senza che si coniughi con la responsabilità.
Nel caso si comprende meglio perché il dibattito sul
"matrimonio" fra persone omosessuali o quello del diritto ad avere
un figlio come e quando lo si vuole, sia vissuto da alcuni come "minaccia
alle libertà individuali". Ciascuno è libero di vivere con
chi crede e come crede (all'interno delle norme previste dalle nostre leggi),
ma non può pretendere da uno Stato laico che ciò venga riconosciuto
come valore se non addirittura come diritto esigibile e tutelato. Stupisce inoltre
che il "criterio scientifico" venga utilizzato solo in talune occasioni
mentre in altre accantonato. Il dibattito sull'uso civile del nucleare o sugli
ogm quanto è attento a parametri scientifici oggettivi e quanto più
a quelli "ideologici"?
Il terzo paletto di confine è tra coloro che ritengono di declinare il
valore della laicità dello Stato all'insegna dell'indifferentismo e del
relativismo etico, e coloro che ritengono che la nostra democrazia a Costituzione
si reggono su un quadro di valori condiviso e per nulla neutrale: la persona
anzitutto e quella debole in particolare, il valore della comunità e
dei legami "solidi", la solidarietà tra le generazioni e la
giustizia sociale.
E' davvero questa la linea di confine che separa laici e cattolici? Solo i "furbacchioni"
che pensano alla politica - quella per niente bella - come unico principio orientatore
delle proprie azioni la ripropongono; ma hanno in mente altro, non certo il
bene comune.
Parlando di questi argomenti con un gruppo di genitori e giovani in una scuola
statale, laica per definizione, mi è uscita una sorta di "scaletta"
che ripropongo:
- il futuro dell'uomo e i temi della procreazione riguardano tutti e non solo
le donne;
- la decisione di avere un figlio è una scelta di amore non riducibile
ad un semplice diritto;
- la persona è comunque un valore per se stessa: a nessuno va negato
il diritto di nascere (si parli, per piacere, con i genitori dei 3 milioni di
disabili che dedicano la vita per difendere il diritto dei propri ragazzi ad
essere cittadini);
- la libertà è sempre responsabilità verso qualcuno, un
progetto "per", mai un gesto solo autoreferenziale;
- laicità non significa affatto neutralismo: la sfida di scegliere per
il bene rimane intatta per tutti, credenti e no;
- è buono che uno Stato laico sostenga esperienze di legami solidi e
solidali, come ricorda la nostra Costituzione allorquando parla di matrimonio,
fermo restando la libertà di ognuno a costruire propri modelli di vita
in comune;
- la democrazia si è trovata in ginocchio ogniqualvolta si è iniziato
a destrutturare il valore della persona; i totalitarismi feroci del secolo scorso
hanno scientemente colpito, in primis la famiglia in nome di una generica "famiglia
collettiva", e poi il diritto alle diversità; non si dimentichi
in Germania il genocidio delle persone disabili ritenute poco "ariane".
Scaletta di punti cattolici? Nel dibattito che è seguito, seppure non
mancavano le divergenze, ho respirato grande maturità e consapevolezza.
Lontano dai clamori della politica, si faticava a distinguere i genitori "laici"
da quelli "cattolici", i giovani di destra da quelli di sinistra.
Edo Patriarca
(Avvenire, 16 dicembre 2003)
LA FABBRICA DEGLI OMUNCOLI
Alcuni desiderano un bambino, poi accettano di selezionarlo, approvarlo,
rifiutarlo, migliorarlo, manipolarlo. Ma i limiti che la scienza valica l'etica
deve convalidarli
Le donne che desiderano avere un figlio vanno amate e rispettate nel loro desiderio.
Occorre dirlo? Ma come si fa ad amarle e rispettarle? Una soluzione facile è
quella di accondiscendere semplicemente al loro desiderio proclamando una assoluta
"libertà di procreazione", come fanno i professori di bioetica
e altri intellettuali procreativi che sostengono mediante appello "la libertà
di decidere se avere figli, quanti averne, quando averli e come
averli". Ma "libertà di procreazione", senza quella specificazione
fatta di se, di quanti, di quando, di come, è una formula vuota, tautologica,
che non significa niente.
Quella libertà non è mai stata messa in discussione. E' invece
la libertà della tecnica biogenetica di fabbricare o abrogare figli a
piacimento (se, quanti, quanto, come) che è in discussione. E questo
non è più un problema delle sole donne, è un problema della
società.
La legge sulla procreazione medicalmente assistita può essere più
o meno ben fatta. Ma le leggi passano, vengono riformate, sono spesso eluse.
Resta invece, e decide di tutto, quel che noi pensiamo delle leggi, la giustificazione
delle leggi. Il linguaggio non si elude, non passa. Se leggo un dialogo di Platone
o un aforisma di Friedrich Nietzsche, mi parla una persona che pensa gli stessi
problemi con le stesse parole attraverso i millenni. Soprattutto in una materia
come questa, che riguarda il mondo umano e il suo senso, è conformismo
belluino e ferina ignoranza dire "legge medioevale" di un testo che
adotta divieti o affermare il lato moderno della cosa come semplice capacità
tecnica di esaudire tutto ciò che vuole la donna o l'uomo "moderno".
Prendiamoli in parola i bioetici faustiani della provetta libera. Se: vuol dire
che l'aborto depenalizzato e medicalmente assistito non è un rimedio
sociale bensì la libera scelta se avere o no un figlio concepito, dunque
non la salvezza dal fenomeno degli aborti clandestini bensì un omicidio
(e infatti il "diritto al ripensamento", cioè la possibilità
di esaminare e scartare il concepito, sposta l'aborto dalla zona del rimedio
a quella della decisione di opportunità). Quanti: è la perdita
di ogni senso del limite, dove la manipolazione tecnica non integra, non surroga
ma costruisce una possibilità tendenzialmente infinita (pare non sia
lontano l'utero artificiale). Quando: vuol dire che la tecnica toglie l'età
alla vita, non integra, non surroga, si rende autonoma e consente la decisione
pura senza più alcuna relazione con l'altro, con il figlio, con una situazione
familiare che diventa mera ipotesi. Come: qui si entra nel regno della selezione
artificiale, e coloro che criticano ogni politica economica liberista come darwiniana,
come competizione biologica in cui vince il più forte, ecco che affermano
d'improvviso la liceità di una selezione artificiale darwiniana, dove
il più forte non è più selezionato dalla natura o dalla
società, ma dalla cura, dalla tecnica, dalla decisione o volontà.
In tutto questo, che fine ha fatto il desiderio di un figlio da cui siamo partiti,
che è desiderio di donna o di coppia maschio-femmina o altro desiderio
a piacimento di altre combinazioni artificiali? Secondo me si è perso.
I figli nascono dal desiderio dell'altro, di regola, non dal desiderio di figli.
C'è un legame con il piacere, se non vogliamo tirare in ballo l'ingombrante
comparsa dell'amore. Il desiderio di figli è un risvolto del desiderio
dell'altro, o dovrebbe esserlo.
La libertà procreativa argomentata nel senso della disponibilità
a piacimento di tecniche di procreazione slegate da un contesto naturale, da
una cooperazione con la tradizione naturale, conduce non già a rispettare
il desiderio della specie di riprodursi procreando, ma a trasformare in volizione
vuota, in furore di far figli, di fabbricarli, quell'originale rispettabile
ansia di uscire dalle secche dell'infertilità.
Sono crudele se dico questo? Sono misogino? Sono baciapile? Io credo di no.
Credo che tutto sia possibile, purché sia fondato: le scelte umane non
possono procedere dal fatto che si è scelto, non sono muti atti del cuore
palpitante, sono legate all'intesa, al dialogo, alla verifica tra più
soggetti il cui interesse va tutelato. I limiti che la scienza valica, una qualche
letteratura, non dico l'etica, deve convalidarli. Dicono che la cura dei figli
non è legata alla compresenza del biologico, ma poi se la prendono con
Barbara Palombelli se ricorda che una soluzione per maternità e paternità
non biologica esiste, ed è l'adozione. Dicono che il maschio ha
paura di perdere potere sulla procreazione, che è una questione di ruolo,
e non si accorgono di quanto sia maschile la scienza irriflessa: desiderano
un bambino, poi accettano di selezionarlo, approvarlo, rifiutarlo, migliorarlo,
manipolarlo, e fabbricano un homunculus.
Giuliano Ferrara
(Panorama, 18 dicembre 2003)