Parrocchia di Santo Stefano
Casalmaggiore 2003
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Parrocchia di Santo Stefano
Casalmaggiore 2003
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Pubblichiamo la conferenza che il cardinale Paul Poupard, presidente del
Pontificio Consiglio per la Cultura, ha tenuto a Notre-Dame de Paris il 9 marzo
2003, prima domenica di Quaresima. Questo colloquio sullo statista francese
fa parte di un ciclo di conferenze del card. Poupard dal titolo: "La santità
che sfida la storia. Ritratto di sei testimoni per il terzo millennio".
Insieme a Konrad Adenauer, cancelliere tedesco (allora della Germania dell'Ovest)
e ad Alcide De Gasperi, presidente del consiglio italiano, Robert Schuman ha
dato origine a quel processo di unificazione europea che oggi porta il nome
di Unione Europea.
Non può essere certo senza significato e non è solo frutto di
una pura coincidenza che i padri fondatori dell'Europa siano tre cristiani appartenenti
alla Chiesa cattolica. E' lo stesso Giovanni Paolo II a metterlo in rilievo:
"Non è significativo che, tra i principali promotori dell'unificazione
del continente, vi siano uomini animati da profonda fede cristiana? Non fu forse
dai valori evangelici della libertà e della solidarietà che essi
trassero ispirazione per il loro coraggioso disegno? Un disegno, peraltro, che
ad essi appariva giustamente realistico, nonostante le prevedibili difficoltà,
per la lucida consapevolezza che essi avevano del ruolo svolto dal cristianesimo
nella formazione e nello sviluppo delle culture presenti nei diversi Paesi del
continente" (La responsabilità dei cattolici nell'ora presente.
Lettera di Giovanni Paolo II ai Vescovi italiani, 10 gennaio 1994).
A poco più di un mese dalla pubblicazione dell'esortazione apostolica
Ecclesia in Europa, nella quale il Papa constata l'offuscamento della speranza
tra gli europei e denuncia il tentativo di far prevalere un'antropologia senza
Dio e senza Cristo ("La cultura europea - scrive Giovanni Paolo II - dà
l'impressione di una apostasia silenziosa da parte dell'uomo sazio che vive
come se Dio non esistesse", n. 9), non può che rafforzare la speranza
la testimonianza concreta di uomini, come Robert Schuman, che, posti al vertice
delle istituzioni politiche, non solo non hanno mai rinnegato la propria fede
cristiana, ma ad essa si sono sempre più ispirati nell'assolvimento coraggioso
dei loro compiti.
In una stagione come la nostra, dove i cristiani - sia coloro che si trovano
ad esercitare pubbliche responsabilità, sia coloro che vivono una militanza
parrocchiale - in nome di una erronea concezione della laicità provano
un certo imbarazzo a dichiarare la fede cristiana come la fonte del loro pensiero
e del loro agire, diventa sempre più urgente la conoscenza del movimento
cattolico e dei suoi principali esponenti.
Solo attingendo nuova linfa dalle robuste radici della nostra storia, sapremo
rispondere, da cittadini cristiani, alle istanze dell'oggi, senza saccenterie
e senza complessi di inferiorità: entrambi, come è noto, patologie
di un regresso adolescenziale.
L'occultamento della antropologia e della speranza cristiana non può
che far danno alla costruzione della nuova Europa, consegnandola, sul piano
culturale, alla disperazione del nichilismo e, sul piano politico e sociale,
alla freddezza delle cancellerie burocratiche e alle furbizie dei poteri finanziari.
Don Alberto Franzini
Casalmaggiore, 10 agosto 2003
Festa liturgica di San Lorenzo, diacono e martire
Robert Schuman: dare un'anima all'Europa
In questa galleria di sei ritratti di cattolici, fonte di ispirazione per la
nostra vita cristiana, ho scelto deliberatamente un politico, padre dell'Europa,
per aprire la strada.
Stiamo parlando dell'Europa. Ora ne soppesiamo i presunti vantaggi, le speranza
incerte, i cambiamenti sconvolgenti. Un uomo, un cristiano, un lorenese, eletto
deputato della Mosella ridiventata francese nel 1919, e rieletto continuamente
tra le due guerre, sottosegretario di Stato con il generale De Gaulle alla presidenza
del Consiglio dei ministri nel maggio 1940, dimissionario in luglio a Vischy,
primo parlamentare francese incarcerato dalla Gestapo nazista a Metz nel settembre
1940, poi con l'obbligo di residenza nel Palatinato, da dove fugger coraggiosamente
due anni dopo per passare tre anni in clandestinità fino alla liberazione
della Francia, ministro delle Finanze, presidente del Consiglio dei ministri
nel '47 e nel '48, e, ininterrottamente, ministro degli Affari esteri nei governi
che si succedono a ritmo frenetico sotto la IV Repubblica, dal '48 al '53, un
uomo così ha l'audacia di aprire all'Europa un avvenire di pace, all'indomani
di una guerra assassina. Era il 9 maggio 1950. In una dichiarazione storica
ispirata da Jean Monnet e subito concordata con i suoi pari Konrad Adenauer
e Alcide De Gasperi, il ministro vara il piano Schuman, che mette in comunione
il carbone e l'acciaio, matrice della Comunità europea, per riunire i
fratelli nemici che si sono lacerati per tutto il secolo nella guerra, per costruire
un'Europa unita nella pace, nella libertà e nella prosperità.
Lui, lorenese, era nato in Lussemburgo, e mi ricordo di una visita, un giorno,
alla sua casa natale piena di pace, in una cittadina allora provinciale, al
centro dell'Europa. Suo padre, lorenese, sempre affezionato alla Francia, era
emigrato dopo la guerra del 1870 nel paese di sua moglie, lussemburghese. Francese
nell'intimo fin dall'infanzia, la scuola lussemburghese bilingue lo inizia e
lo forma alla ricchezza incomparabile di una doppia cultura, francese e tedesca.
Da una guerra all'altra, misura la follia degli scontri criminali, la spirale
senza fine della violenza cieca e della vendetta inespiabile. Ora che tragicamente
l'Europa è divenuta un triste campo di macerie coperto di morti, lui,
cristiano spossato dalle difficoltà, accusato di indegnità per
aver fatto parte del governo Pétain in cui peraltro non aveva mai presenziato,
tolto dalla condizione di ineleggibilità per intervento personale del
generale De Gaulle, rieletto deputato, ministro, poi primo ministro, firma il
piano Marshall nel '48 e, in qualità di ministro degli Affari esteri,
trasforma carbone e acciaio, finora mezzi di morte, protagonisti dei dissidi
franco-tedeschi, in pacifici strumenti di riconciliazione. E' la famosa dichiarazione
del Quai d'Orsay: "La pace mondiale non può essere salvaguardata
senza sforzi creativi grandi quanto i pericoli che la minacciano [
], l'insieme
delle nazioni europee esige che la secolare opposizione franco-tedesca venga
eliminata". Un'utopia senza senso per alcuni, folle per altri: oggi è
un fatto assodato, beneficio senza pari per le generazioni future. Lo dobbiamo
a questo eccezionale uomo politico, grande statista e grande cristiano.
La testimonianza di André Philip
Ascoltiamo cosa dice André Philip, protestante, che fu deputato socialista
e ministro delle Finanze e dell'Economia: "Sono quindi anni che conosco
Robert Schuman, in Parlamento, poi al governo, poi nel Movimento europeo. Quello
che fin da subito mi ha colpito di lui era l'irradiarsi della sua vita interiore.
Si era davanti a un uomo consacrato, senza desideri personali, senza ambizione,
di una totale sincerità e umiltà intellettuale, che cercava solo
di servire dove e quando si sentiva chiamato. Era conservatore per tradizione,
ostile alle novità; pacifico, timido ed esitante per temperamento. Spesso
ha temporeggiato, ritardato le decisioni, sperato di barare nei confronti della
chiamata che si faceva sentire in fondo alla sua coscienza; poi, quando non
c'era più niente da fare, quando era sicuro di ciò che la sua
voce interiore esigeva da lui, prendeva bruscamente le decisioni più
ardite e le portava avanti fino alla fine, insensibile alle critiche, agli attacchi,
alle minacce.
Nell'atmosfera febbrile dei dibattiti parlamentari era un conforto incontrare
un uomo sempre pronto al dialogo, che cercava di convincere, tenendo conto delle
obiezioni, sempre con la stessa calma e con una cortesia sempre intatta. Per
raggiungere il suo scopo, anche il più importante, non ha mai usato mezzi
volgari, esagerando il peso di un argomento, né alzato la voce
Ma soprattutto resterà nella memoria di coloro che l'hanno conosciuto
come il prototipo del vero democratico, fantasioso e creativo, combattivo nella
sua dolcezza, sempre rispettoso dell'uomo, fedele ad una vocazione intima che
dava senso alla vita".
René Lejeune, suo vicino collaboratore, pubblicando questa testimonianza
la accompagna con il commento: "La testimonianza di André Philip
è credibile. Lo sguardo che ha su di lui va al di là delle apparenze,
sa cogliere l'essenziale. Scopre un 'uomo consacrato', guidato da una 'voce
interiore'. E che cerca solo di 'servire'. Tre parole chiave della vita e dell'azione
di quel modello di politico. Sui passi di Robert Schuman, infatti, si manifesta
la santità della politica, non solo per l'abilità e la competenza,
ma anche nella consacrazione di un essere tutto abbandonato a Dio, di cui sa
di essere lo strumento" .
La politica, cammino di santità
Il cammino percorso dopo questa iniziativa storica, in questo mezzo secolo
per la prima volta, per iniziativa decisiva di Robert Schuman, vede i fratelli
nemici riconciliati, Francia e Germania, diventare il nucleo di un insieme di
popoli in pace decisi a costruire insieme il loro avvenire comune. Robert Schuman,
in piena instabilità politica, riesce nell'impresa di prendere una decisione
storica che cambia decisamente e irresistibilmente il corso della storia, supera
i secolari antagonismi e costruisce un avvenire comune di prosperità
e di pace. Lui, cristiano entrato in politica, ha seguito il cammino dell'impegno
politico, che per il cristiano costituisce un terreno privilegiato dove esercitare
in modo serio ad appassionato la carità dei discepoli di Cristo, al servizio
del bene comune, nel cuore della città degli uomini. Quel cammino fu
per Robert Schuman il cammino della santità.
Un grande papa dell'epoca di Robert Schuman, papa Pio XI, non aveva paura di
affermare, nell'ora tragica dell'avvento della peste rossa e della peste nera
in Europa: " Il terreno della politica, che riguarda gli interessi della
società intera, è il campo più vasto della carità,
la carità politica, e si può dire che non ce ne siano di più
grandi, tranne quello della religione" . Collocata ne punto di incontro
tra il presente e il possibile, in quel punto di passaggio difficile in cui
il progetto per il domani può diventare realizzabile, la caratteristica
e la grandezza dell'azione politica è rendere oggi possibile ciò
che è necessario per il futuro pacifico dei popoli entro la grande comunità
degli uomini. Ispirato dalla sua fede cristiana e forte dell'esperienza di una
longevità parlamentare eccezionale, Robert Schuman ha saputo incarnare,
in mezzo alle contingenze politiche, il suo ideale evangelico al servizio degli
uomini. Come quell'impresa, si chiedeva la Settimana degli intellettuali cattolici
a Parigi, "raggiunga, a partire da una base economica e giuridica, le forme
della politica e della morale, penetri la cultura, nessuno può dirlo.
La cosa di cui non bisogna dubitare è che l'anima dell'Europa aspettava
quel corpo ingrandito che sono le Comunità" (Francois Fontaine).
Un'anima per l'Europa
Il volume di Recherches et Débats finisce con una presa di posizione
importante del presidente Robert Schuman, che ho ricordato quando mi fu consegnato
il Premio Schuman per l'Europa, a Strasburgo, il 23 novembre 1988. A mezzo secolo
di distanza, permettetemi di ricordarla alle nostre deboli memorie: "Parlo
- diceva il presidente Schuman - da credente a dei credenti
Le nostre democrazie
contemporanee sviluppano in noi il senso di responsabilità personale.
E' la felice conseguenza e la contropartita di ogni regime basato sulla libertà.
Ma il coraggio civico, individuale o collettivo entro un'assemblea non è
sempre all'altezza di questa responsabilità
Bisogna che ci rendiamo
conto che l'Europa non può limitarsi, alla lunga, ad una struttura meramente
economica. Occorre che essa diventi anche una salvaguardia per tutto ciò
che rende grande la nostra civiltà cristiana: dignità della persona
umana, libertà e responsabilità dell'iniziativa individuale e
collettiva, dispiegamento di tutte le energie morali dei nostri popoli. Una
missione culturale sarà così il necessario complemento e compimento
di un'Europa che finora ha avuto come fondamento la cooperazione economica.
Essa le darà un'anima, una nobilitazione spirituale e un'autentica coscienza
comune. Non dobbiamo avere una concezione limitata della futura Europa, confinandola
in preoccupazioni materiali, se vogliamo che resista all'assalto delle coalizioni
razziste e ai fanatismi di ogni genere. L'Europa, dopo il discredito che è
stato gettato su di essa, in gran parte del mondo, dovrà riprendere di
nuovo il suo ruolo di educatrice disinteressata, soprattutto nei confronti dei
popoli che sono appena nati alla libertà. L'aiuto ai Paesi sottosviluppati
sarà allora il grande compito al quale si dovranno unire tutti coloro
che hanno il privilegio di essere avanti rispetto agli altri. L'umanità
di domani sarà quello che avremo saputo farne. Se noi ci limitassimo
a rifornirli economicamente e militarmente, senza fornire loro al contempo l'armatura
morale, senza dare l'esempio di un comportamento basato sui principi spirituali,
avremmo fatto un'opera pericolosa, e non solo inutile. Li avremmo allontanati
dalle loro tradizioni, senza dare loro un ideale nuovo, complemento e contrappeso
del progresso tecnico
Nei loro confronti abbiamo un autentico dovere morale.
Non assolveremmo affatto il nostro compito, limitando la nostra azione a costruire
strade e fabbriche, scuole e dispensari, se dessimo loro l'autonomia o anche
l'indipendenza senza aver loro insegnato l'uso che occorre farne, senza averli
messi in guardia contro gli abusi che possono derivarne. Occorre che l'emancipazione
sia accompagnata da un0educazione sia morale che tecnica, senza la quale si
rischia di veder realizzarsi brutte cadute nell'anarchia e nella barbarie
Ed è un altro compito specificamente europeo
" .
Ecco il messaggio che ci lascia il cristiano Robert Schuman: bisogna costruire
l'Europa, non come un isolotto di prosperità egoista ripiegato su di
sé in mezzo ad un oceano di miseria, ma come una comunità generosa
di uomini e donne liberi, fraterni e responsabili anche per gli altri popoli
meno dotati, bisogna darle un'anima. "Questo insieme - diceva - non potrà
e non dovrà restare un'impresa economica e tecnica: le serve un'anima,
l'Europa non vivrà e non si salverà se non quando avrà
coscienza di se stessa e delle sue responsabilità, tornando ai principi
cristiani di solidarietà e fraternità".
Un cristiano impegnato in politica
L'uomo che parla è un politico esperto che attinge dalla sua educazione
cristiana un grande ideale di servizio, pieno di convinzioni profonde, confortato
dalla preghiera e dall'adorazione eucaristica. Sono stati decisivi gli anni
della gioventù, caratterizzati da un padre severo, un uomo giusto e retto
nel senso biblico del termine e, soprattutto, una madre straordinaria, che vive
la sua fede cristiana come si respira, in modo naturale, in pensieri, parole
e azioni, e la trasmette come per osmosi a suo figlio. Fino alla tragica morte
di Eugénie Schuman a 47 anni, in un drammatico incidente stradale in
cui si spezza la colonna vertebrale, il bimbo, l'adolescente, il giovane si
forma a suo esempio, in un'intimità di pace, animata da una fede profonda.
Con sua madre va alla mattina alla messa quotidiana a prendere luce e forza
ricevendo Cristo eucaristico. Con lei celebra il mese di Maria, nella dolcezza
primaverile di maggio in Lussemburgo. L'accompagna in pellegrinaggioa Lourdes,
nella città mariana, a Roma, nella città segnata per sempre dal
martirio dei santi Apostoli Pietro e Paolo, sede del ministero del papa, che
egli con gratitudine e devozione vede beatificare Giovanna d'Arco, simbolo della
patria perduta e lungi dall'essere ritrovata.
Essendo suo padre lorenese, Robert Schuman è di nascita cittadino tedesco,
in virtù del Trattato di Francoforte che aveva annesso l'Alsazia e la
Lorena mosellana dopo la rovinosa guerra del 1870. Ma è nato in Lussemburgo,
Paese indipendente, in una famiglia impregnata di patriottismo francese. Nell'Ateneo
del Lussemburgo, pur in una circoscrizione germanofona, gli studi sono in francese,
imbevuti di umanesimo classico e di valori cristiani. Appassionato di matematica,
Robert adolescente si prepara a sua insaputa ad assimilare più tardi,
in qualità di ministro, le complicate finanze di uno Stato moderno. Gli
piace anche la storia, che gli permette di decodificare il susseguirsi rovinoso
delle invasioni, degli smembramenti e delle annessioni tra Paesi vicini e nemici,
di misurarne la tragica portata, di augurarsene ardentemente la fine. Studente
modello, non smetterà mai di studiare, per tutta la vita, la Summa di
San Tommaso d'Aquino in latino, e di attingerne profondità di pensiero
e chiarezza di espressione. Alla frequentazione dei classici francesi si aggiungerà
ben presto la padronanza del diritto tedesco, appreso alle Università
di Bonn, Monaco, Berlino e Strasburgo, e la scoperta del romanticismo della
nazione di Goethe e di Schiller, con il gusto della lettura e della musica,
ereditato dalla mamma.
E' sempre lei che gli trasmette, contemporaneamente, con fede solida e limpida,
una coscienza morale inalterabile, mai contaminata dalle esigenze della politica,
pur attraverso i tortuosi meandri delle strade politiche. Come la sua contemporanea,
la piccola normanna Teresa di Lisieaux, che detestava la "finzione",
per Robert Schuman la menzogna è un orrore, e il suo cammino è
diritto fin dalla più tenera età. Ad un compagno che copia durante
un esame dice con coraggio: "Non posso impedirtelo, ma sappi che è
un peccato". Una volta parlamentare e ministro, gli restano completamente
estranee le macchinazioni misteriose, così come le combinazioni interessate.
Ad un giovane collaboratore che ingenuamente se ne stupisce, risponde con fermezza:
"Essere onesti è la maniera migliore per essere abili". E lo
sa Dio se Robert Schuman non ha masi smesso di essere abile. Potremmo applicare
a lui il bel proverbio portoghese secondo cui "Dio scrive diritto seguendo
righe curve". Come nota il suo biografo, per realizzare il suo progetto
cardine in un contesto politico incapace di accettarlo, è stato costretto
a giocare d'astuzia e a dissimularne l'importanza al Consiglio dei ministri.
Senza questa astuzia, non ci sarebbe stata la dichiarazione capitale che ha
fatto nascere l'Europa comunitaria. Robert Schuman ha usato una strategia fatta
di cunicoli e di svolte senza mai servirsi della menzogna. "Non bisogna
mai mentire, nemmeno in politica", diceva spesso. Ecco il cammino difficile
e fecondo che egli ci apre.
Essere onesto: in tutta la sua vita di avvocato e di parlamentare, di ministro
e di capo di governo Robert Schuman resterà fedele a questo ideale di
uomo e di cristiano. La sua opera di legislatore è stata molto importante
durante la reintegrazione legislativa delle provincie recuperate dopo la prima
guerra mondiale, con la preoccupazione continua di assicurare il loro straordinario
patrimonio culturale e di preservare la loro anima cristiana. Alla fine del
secondo conflitto mondiale, che lo ha segnato, vicino ai sessant'anni, Robert
Schuman può legittimamente lasciare che i giovani gli succedano e andare
in pensione, dedicandosi ai suoi passatempi preferiti nella pace silenziosa
di Scy-Chazelles, a contemplare la sua placida Mosella: lo studio, la lettura,
la meditazione. Ma il suo altissimo senso del dovere scarta subito la tentazione
del ripiegamento egoistico nelle cose facili. "La vita senza responsabilità
politiche è sicuramente più semplice, soprattutto nella confusione
di oggi. Ma nessuno, meno che mai, ha il diritto di sottrarsi", scrive
nel luglio del '45. "Per questo mi rimetto alla Provvidenza". E sarà
la Provvidenza a portarlo, attraverso le imprevedibili traversie della vita
politica, ad assumersi responsabilità sempre più gravi, senza
mai scostarsi dal suo forte senso del dovere in qualità di cristiano.
Questo straordinario ministro delle Finanze - i parigini lo distinguevano facilmente,
grazie al suo cranio lucido, totalmente calvo - usciva con calma di prima mattina
dal Palais du Louvre, con il messale sotto il braccio, per assistere da buon
cristiano alla messa quotidiana nella chiesa di Saint-Germain l'Auxerrois e
immergersi nella preghiera nella cappella della Vergine: "Ave, o santa
Madre, partorendo hai dato alla luce il Re che governa il cielo e la terra,
nei secoli dei secoli. A dire il vero, il ministro-monaco, come veniva spesso
chiamato per scherzo, attingeva di lì sia la capacità di distaccarsi
dagli intrighi politici sia la placida serenità di compiere il suo difficile
dovere, quello di amministrare come un buon padre di famiglia le finanze della
nazione, senza mai preoccuparsi della popolarità, che i nostri ossessivi
sondaggi non misuravano ancora.
Robert Schuman, la discrezione al potere, titolava un quotidiano parigino! "Nelle
nostre cinque Repubbliche, nessun ministro ha stupito di meno i suoi elettori,
né seguito di meno i conformismi. Nessuno prima aveva disprezzato di
più la demagogia o sfidato l'impopolarità. Ha saputo tenersi saldo
tra due follie: quella di credere di potere tutto, e quella di credere di non
potere nulla. Militante di fede cristiana, ha avuto le qualità più
rare. Discrezione, autorevolezza, pudore. Ha dedicato la sua esistenza al servizio
dello Stato, e non al servizio di una dottrina o di un partito. In una parola,
il contrario di un demagogo. Non è forse lui che, durante i momenti più
brutti degli scioperi rivoluzionari del novembre del '47, ha saputo neutralizzare
il debole disfattismo dei suoi ministri e raddrizzare una situazione insurrezionale?
E non è stato affatto per la Francia, per la Francia sola, che Schuman
ha voluto costruire l'Europa" .
Un paradosso evangelico
Il giovane avvocato lorenese deve ad un vescovo-monaco il fatto di essere diventato
quel ministro-monaco di cui abbiamo appena parlato. Nel 1901, in un momento
politico particolarmente teso, l'anziano priore dell'Abbazia di Beuron, diventato
poi abate di Maria-Laach, la celebre abbazia benedettina renana, fonte del rinnovamento
liturgico, viene scelto come vescovo di Metz e decide di divenire lorenese tra
i lorenesi per amore di Cristo. Robert Schuman poco dopo il suo arrivo a Metz,
lo incontra nel 1912. E il vescovo monaco incontra l'anima del giovane avvocato,
scopre in lui un'anima da apostolo e lo orienta verso l'apostolato, che risponde
in modo meraviglioso al suo desiderio di compiere il programma che sua madre
ripeteva incessantemente: "Bisogna passare la vita a fare del bene agli
altri". Mons. Willibrod Beuzler decide di affidare la presidenza della
Federazione diocesana dei gruppi di giovani a Robert Schuman, con il compito
di "diffondere tra i giovani un autentico spirito cristiano". Egli,
giovane studente a Bonn, nel 1904 aveva già aderito alla corporazione
di studenti cattolici, l'Unitas, che ritrova a Monaco e avrebbe fondato a Berlino.
A Metz unisce la sua vita professionale con l'impegno cristiano nell'Unione
popolare cattolica lorenese del canonico Collin, che lo prepara ad entrare nell'Unione
repubblicana lorenese dopo la guerra, deputato suo malgrado. Confida senza mezzi
termini ad un cugino: "Quanto avrei preferito consacrarmi al mio lavoro,
alle opere religiose e sociali, alla mia famiglia". Ma non si sottrarrà
mai a quello che gli sembra un dovere, cioè servire come cittadino e
come cristiano il suo Paese e il suo popolo. In un discorso a Metz il 13 luglio
1924, quando il settario governo parigino vuole abrogare lo statuto dell'Alsazia-Lorena,
non teme di parlare chiaro ai suoi compatrioti: "Si cerca di imporre a
tappe, poco a poco, ciò che l'anima del popolo lorenese rifiuta. Si vuole
soffocare la vita religiosa nel Paese e nel popolo
Non possiamo tradire
l'anima del nostro popolo".
Il popolo, nel 1924, è il popolo lorenese. Trent'anni dopo sarà
il popolo francese, quando Robert Schuman sarà chiamato alle più
alte responsabilità di governo. E poi, nel 1950, grazie alla sua iniziativa
storica, sarà l'Europa. Come la patria non è la negazione della
sua provincia natale, così "l'Europa non è la negazione della
patria", dirà il padre dell'Europa. Eletto all'unanimità
e per acclamazione presidente del primo Parlamento europeo il 19 marzo 1958,
e diventato pellegrino dell'Europa in gestazione, non smetterà di ripetere
la sua convinzione profonda: "Non si tratta di fondere gli Stati associati,
di creare un super Stato. I nostri Stati europei sono una realtà storica.
Sarebbe psicologicamente impossibile farli sparire. La loro diversità
poi è una fortuna, e non vogliamo né livellarli né renderli
uguali. La politica europea per noi non è assolutamente in contraddizione
con l'ideale patriottico di ciascuno di noi. Tutti i Paesi europei sono stati
impregnati della civiltà cristiana. E' questa l'anima dell'Europa che
occorre far rivivere. Che questa idea di un'Europa riconciliata, unita e forte,
sia ormai la parola d'ordine per le giovani generazioni che desiderano servire
un'umanità finalmente libera dall'odio e dalla paura e che impari di
nuovo, dopo troppe lacerazioni, la fraternità cristiana. L'Europa ha
dato all'umanità il suo pieno compimento. E' lei che deve mostrare una
via nuova, invece della schiavitù. Accettando una pluralità di
civiltà in cui ciascuna sia rispettosa delle altre. Non siamo, non saremo
mai negatori della patria, dimentichi dei doveri che abbiamo nei suoi confronti.
Ma al di sopra di ogni patria riusciamo a distinguere sempre più nettamente
che esiste un bene comune, superiore all'interesse nazionale, quel bene comune
nel quale gli interessi individuali dei nostri Paesi si fondono e si confondono.
In un'epoca in cui tutto è in fermento, bisogna saper osare. E' meglio
provare che rassegnarsi; la ricerca della perfezione è una scusa meschina
per non agire".
Robert Schuman fu un cristiano impegnato in politica, lorenese, francdese, europeo,
che realizzò pienamente e ante litteram l'ambizioso programma che papa
Giovanni Paolo II traccia nella sua esortazione apostolica Christifideles laici
del 30 dicembre 1988 sulla vocazione e la missione dei laici nella Chiesa e
nel mondo: "I fedeli laici non possono assolutamente rinunciare a partecipare
alla politica, cioè all'azione molteplice, economica, sociale, legislativa,
amministrativa e culturale, che ha per scopo la promozione del bene comune,
organicamente e tramite le istituzioni" . Perché se tutto è
politica, la politica non è la totalità dell'uomo, e il cristiano
impegnato in politica è chiamato a darle un'anima. La Comunità
europea che ci lascia in eredità è per Robert Schuman un'opera
di pace che rende impossibile la guerra tra Paesi che si sono lacerati per secoli,
e prefigura, secondo le sue stesse parole, la solidarietà universale
del futuro, aperto agli altri popoli.
In una battaglia politica in cui i colpi, anche quelli più bassi, non
gli sono stati risparmiati, Robert Schuman è rimasto fedele alla sua
fede cristiana. Da giovane avvocato si è dedicato ai bambini abbandonati
e ai giovani delinquenti, collaborando come volontario al Bureau de Bienfaisance
Messine ed esercitando il suo apostolato con gli studenti. Eletto deputato,
lavora a tutto spiano al servizio della sua piccola patria lorenese per reintegrarla,
senza perdere l'anima, nella grande patria francese. Una volta ministro, apre
la Francia all'Europa per unirla alla Germania in un'unione pacifica. "Dobbiamo
a lei - scriverà il cancelliere Konrad Adenauer - l'amicizia che unisce
i nostri due Paesi".
Ora, mezzo secolo dopo, questa eredità fondatrice ci apre un futuro creativo.
Bisogna conoscersi, rispettarsi e amarsi per iniziare un'opera comune, costruire
insieme beni economici e politici, sociali e culturali. Un corpo cresciuto richiede
un'anima grande. L'anima dell'Europa è la convinzione ereditata da Pericle
, che la fonte della libertà è il coraggio. Ed è anche
lo spirito delle beatitudini e del Vangelo, incarnato da san Benedetto da Norcia,
e dai fratelli slavi Cirillo e Metodio, Brigida di Svezia, Caterina da Siena
ed Edith Stein, che Giovanni Paolo II ci ha dato come patroni d'Europa. Gli
uni e gli altri furono europei, anzi, universali, perché, come Robert
Schuman, la loro fede cattolica era fonte di una cultura ispirata al Vangelo
e radicata nell'ambiente. Al genio dell'impresa si unisce la pazienza del perseverare,
e al colpo di genio del creatore la tenacia del lavoratore, tanto è vera
che l'influenza spirituale va di pari passo con il radicamento carnale. L'anima
dell'Europa non riunisce partiti, ma raduna spiriti e unisce uomini in una cultura
caratterizzata dal rispetto dell'uomo, di tutto l'uomo e di ogni uomo, il mio
prossimo, mio fratello, il cui volto, finestra dell'anima aperta sull'infinito,
attesta una presenza e testimonia una trascendenza in cui il cristiano riconosce
l'immagine e somiglianza di Dio. "L'uomo supera infinitamente l'uomo",
secondo le parole così perspicue di Pascal, citate da Paolo VI nella
sua enciclica Populorum progressio sullo sviluppo dei popoli: "Bisogna
promuovere un umanesimo totale. Cos'è, se non lo sviluppo integrale dell'uomo
e di ogni uomo?
Lungi dall'essere la norma ultima dei valori, l'uomo si
realizza solo trascendendosi" . "Rispettate l'uomo - ci ripete continuamente
Giovanni Paolo II, l'uomo di Cracovia diventato romano - rispettate l'uomo,
è immagine e somiglianza di Dio".
Papa Giovanni Paolo II non ha mai smesso di ricordare la nostra responsabilità
in proposito. Ricevendo un anno fa le lettere credenziali del nuovo ambasciatore
presso la Santa Sede, Pierre Morel, il Papa ricordava il ruolo essenziale della
Francia nell'avventura europea e la sua parte primaria nell'eredità umanistica,
la cui caratteristica è anche attingere le sue radici nella sua lunga
storia cristiana: "Come non menzionare l'apporto decisivo dei valori di
cui il cristianesimo è portatore, che ha contribuito e contribuisce ancora
a plasmare la cultura e l'umanesimo di cui l'Europa è legittimamente
fiera, senza i quali non si può capire la sua identità più
profonda
Lungi dall'essere una minaccia per la vita sociale, le forze religiose
sono una fortuna per la vita comune" .
L'esempio di Robert Schuman fa vedere ciò in modo eloquente, lui che
ha saputo incarnare i valori evangelici nella sua vita politica e attingerne
l'ispirazione del suo impegno pubblico. Ha potuto farlo grazie ad un'autentica
educazione cristiana, nutrita dalla parola di Dio, luce e vita, e dai sacramenti
della fede ricevuti nella Chiesa.
La nostra splendida cultura si insabbia nell'infinita possibilità delle
opzioni, in assenza diu ogni riferimento oggettivo. In risposta al bisogno di
assoluto dell'uomo fa appello a testimoni che attestino che la Verità
non è facoltativa né la Moralità anacronistica. E' il cammino
della santità, e Giovanni Paolo II ci ricorda che le strade sono molteplici
e adeguate alla vocazione di ciascuno, come mostra l'esempio di Robert Schuman.
Se i santi non rappresentano la totalità della nostra storia, ne furono
però la parte migliore. I valori religiosi, morali, culturali e sociali
che costituiscono il patrimonio europeo, sono giunti a noi grazie ai santi che
fecero l'Europa. "E' tempo di riproporre a tutti, con forza, questa misura
alta della vita cristiana ordinaria" . I santi della nostra storia sono
la prova della vitalità della Chiesa e della forza stupefacente del Vangelo.
La cultura europea è diventata una parte considerevole della civiltà
mondiale. Il futuro dell'Europa e del mondo dipende dalla spiritualità
che i cristiani sapranno offrire all'uomo di oggi, per rispondere alle sue aspirazioni
e ai suoi bisogni, identificare le cause dei suoi errori e porvi rimedio, impegno
tra i più urgenti, all'alba del terzo millennio.
Il nostro compito oggi è affermare con semplicità e coraggio la
sua identità, e presentare in tutta la sua freschezza e la sua novità
il senso cristiano della verità e della realtà contro ogni scetticismo
e relativismo, entrambi riduttivi. Di fronte alla perdita dei valori comuni,
la cancellazione dei punti di riferimento collettivi, l'avvento dello scetticismo
in politica, la crisi dell'educazione, ascoltiamo il grido dei giovani europei,
l'appello del macedone all'apostolo Paolo: "Soccorrici!" (At 16,9).
Gli animi più malleabili e ricettivi dei giovani sono più esposti
alle minacce della secolarizzazione e del postcomunismo, entro cui la realizzazione
a qualsiasi prezzo dell'individuo, preso come valore supremo, coincide con la
felicità cercata in modo spasmodico. L'educatore che trasmette la verità
come parte fondamentale della propria identità è capace di ridestare
le giovani libertà all'impegno personale di una coscienza responsabile.
E preparare quindi coloro che, come Robert Schuman, saranno capaci di prendere
posizione sui problemi degli uomini per illuminarli con i valori evangelici.
L'Europa intera manca di speranza: è la conseguenza della sparizione
delle grandi cause, la sorgente del proliferare di sette, soprattutto quelle
che hanno accentuato carattere escatologico. Non può esserci cultura
cristiana autentica che lo cancelli. Viviamo in questo mondo, ma non siamo di
questo mondo, chiamati come siamo a diventare in pienezza i cittadini di un
mondo nuovo. L'annuncio delle Beatitudini apre un cammino di speranza, offerto
alla libertà e alla responsabilità, in una cultura menzognera
che promuove una libertà totale, senza limiti e irresponsabile. Solo
l'educazione alla libertà responsabile può preparare i giovani
a diventare pienamente uomini.
E' l'appello che Giovanni Paolo II non smette di trasmetterci, fin dall'inizio
del suo pontificato. La storia della formazione delle nazioni europee va di
pari passo con la loro evangelizzazione. E l'identità europea è
incomprensibile senza il cristianesimo. E' qui che si trovano le radici comuni
della sua cultura, e ancora oggi della sua anima, valori allo stesso modo cristiani
e umani: la dignità della persona, il sentimento profondo di giustizia
e di libertà, la dedizione al lavoro, lo spirito di iniziativa, l'amore
della famiglia, il rispetto della vita, la tolleranza e il desiderio di pace.
Al padre dell'Europa, Robert Schuman, sarebbero piaciute queste parole, che
lui ha onorato per tutta la sua vita di cristiano impegnato in politica. "Occorre
ricordare ai cristiani di oggi la loro comune responsabilità nei confronti
dell'Europa ed infondere in loro un coraggio nuovo per un impegno di sacrificio
per la pace e per la giustizia, i diritti umani e la solidarietà tra
i popoli
Abbiate coraggio e forza, che vengono dalla nostra responsabilità
cristiana, per impegnarvi anche in politica e nella vita pubblica, per il bene
dell'uomo e della società nel vostro Paese e al di là delle sue
frontiere. Nella Croce c'è la speranza di un rinnovamento cristiano dell'Europa,
ma a condizione che i cristiani stessi prendano sul serio il messaggio della
Croce. Croce vuol dire: non ci sono naufragi senza speranza, buio senza stelle,
nessuna tempesta è senza un porto sicuro. Croce vuol dire: l'amore non
conosce limiti. Comincia dal tuo prossimo, ma non dimenticare chi è lontano.
Croce vuol dire: Dio è più grande di noi uomini, Egli è
la salvezza, anche nello scacco più grande. La vita è sempre più
forte della morte" .
La Conferenza dei ministri europei degli Affari culturali, presso la quale rappresentai
la Santa Sede, a Berlino, il 23 maggio 1984, nella sua Dichiarazione europea
sugli obiettivi culturali riserva giustamente ai valori spirituali e religiosi
nel dinamismo culturale dell'Europa tutto il peso che meritano. Non dimentichiamolo,
ora che si sta preparando una Carta per l'Europa. Cattolico per convinzione
più ancora che per tradizione, Robert Schuman, a cui il Vangelo ha illuminato
la vita e reso chiara l'azione politica al servizio della Francia e dell'Europa,
ce lo ripete con la ferma convinzione che suscita la nostra adesione: "La
democrazia deve la sua esistenza al cristianesimo. E' nata il giorno in cui
l'uomo è stato chiamato a realizzare nella sua vita temporale la dignità
della persona umana nella sua libertà individuale, nel rispetto dei diritti
di ognuno e nella pratica dell'amore fraterno verso tutti. Mai prima di Cristo
idee simili erano state formulate. L'Europa deve darsi un'anima".
Ecco il nostro compito, sull'esempio di Robert Schuman, all'alba del terzo millennio.